8 Maggio 2009
Opere di Architettura
IL MURO DELLA MEMORIA
di Pietro Carlo Pellegrini
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Il Muro della Memoria realizzato da Pietro Pellegrini all’interno del monastero di S. Gemma Galgani (Lucca) nel 2007, nasce dalla sentita volontà da parte delle monache di clausura di avere un luogo dove poter commemorare le sorelle scomparse.
Uno spazio, dunque, dalla forte valenza simbolica e spirituale che l’architetto lucchese ha pensato nei termini di un percorso a cielo aperto, delimitato da una muratura continua in travertino rapolanese.
L’elemento caratterizzante di tale artefatto architettonico risulta essere così l’ordine murario, il quale si manifesta inizialmente in tutta la sua pura elementarità di superficie litica, posta a dialogare con la variegata e rigogliosa natura degli spazi aperti del monastero.
Se, dunque, all’ingresso l’opera di Pellegrini si presenta come spazio estroverso caratterizzato dalla sola presenta del muro, al contrario dopo alcuni metri la struttura litica inizia ad avvolgersi su se stessa, sino a culminare – come una sorta di spirale quadrata – in un raccolto spazio interno (l’ossario), segnato dalla presenza di un cipresso toscano.
Numerose le suggestioni visive evocate da tale artefatto architettonico. Prima fra tutte quella di labirinto, inteso nella sua definizione primaria di spazio percorribile delimitato da alti muri, il quale non offre possibilità di scelte nel suo intero svolgimento e conduce inevitabilmente al centro.
Tale forma archetipica è stata reinterpretata da numerosi artisti contemporanei a partire dagli anni Sessanta (Robert Morris, Richard Serra, Alice Aycock ed altri ancora) in opere d’Arte Ambientale che rivelano diversi punti di contatto con il Muro della Memoria di Pellegrini: struttura architettonica minimale, estroversione ed introversione rispetto al contesto naturale circostante, percorribilità ed infine impiego di materiali lapidei.
Al di là di queste caratteristiche morfologiche comuni, gli “spazi dedalici” ideati dagli artisti contemporanei sopra citati si discostano dal progetto di Pellegrini per il significato ad essi sotteso. Se infatti le intricate installazioni ambientali sembrano alludere ai complessi percorsi conoscitivi che l’uomo deve compiere per scoprire e comprendere se stesso, al contrario il Muro della Memoria si carica di ben altre valenze simboliche. La trama spiraliforme diviene qui metafora del “filo della memoria” che le persone devono continuare a tessere per mantenere in vita il ricordo delle persone scomparse, filo che non a caso si conclude nella presenza di un cipresso, chiaro simbolo della vita eterna dopo la morte.
di Alessandra Acocella