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5 Febbraio 2009

Pietre Artificiali

Arte, tempo e materia.
Peter Zumthor, Kolumba Museum, Colonia

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Il nuovo filtermauerwerk in laterizio e le rovine della basilica tardogotica

[photogallery]zumthor_kolumba_album[/photogallery]

“A Kolumba – suggerisce Zumthor – tutto comincia dall’arte”.
Mentre al di fuori scorre il tempo della città, entro le spesse mura del nuovo museo dell’Arcidiocesi di Colonia la presenza ancora palpabile del passato e la poesia invisibile di quanto può accadere, si incontrano nello spazio “sacro”, emozionale, esattamente composto dal maestro svizzero. Le luci ed ombre che lo attraversano costruiscono uno spettacolo che subito, per il fascino esercitato su chi vi sia immerso, una serie di aggettivi convenzionali pretenderebbe di sintetizzare – magico, incantato, irreale, immateriale.
Fra i molteplici passati di questo luogo unico nel cuore di Colonia e la sua ritrovata funzionalità, ciò che certo si giunge a percepire, è il tempo della contemplazione qui tradotto in architettura dal linguaggio della materia e celebrato con solenne intensità.
Zumthor, con la sensibilità e l’etica che gli sono proprie, affronta il compito di ordinare a esposizione permanente il complesso spazio di un antico edificio – o meglio, i frammenti di memoria legati ad un sito dal trascorso leggendario. Come successioni sedimentarie archeologia tardo romana, franca e poi romanica, e ancora le rovine tardogotiche sulle cui macerie sorsero due opere di Gottfried Böhm, il tutto è ricomposto e accolto entro la nuova fabbrica.
L’architetto Zumthor succede ai costruttori del passato “senza spezzarne l’opera”. Non è il desiderio fine a se stesso di innovare o di inserire lo spazio museale nel vortice del consumo turistico di massa, ma il rispetto verso il progetto originario e la ricerca coerente e filologica a guidare il suo paziente lavoro teso a ritrovare il tempo della storia e a creare continuità.

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L’antico e il nuovo insieme in una sola massa muraria

Il Kolumba Museum, con portamento da fortilizio che preserva al proprio interno le rovine, pare negarsi al rapporto verso l’esterno. In esso, in vicendevole armonia, convivono, senza costringersi o soffocarsi vicendevolmente, due elementi: l’esposizione museale e l’architettura che ne costruisce l’itinere, entrambi in aderente e sottile relazione con la qualità architettonica originaria. È con audacia e franca decisione nell’interesse della nuova funzione, che Zumthor, come l’architetto rinascimentale, prosegue le antiche mura della chiesa tardogotica – ritesse con trame di muratura piena le sue aperture – costruendovi sopra il nuovo. Ripercorrendo il profilo planimetrico della chiesa originaria, le pietre si intrecciano alla nuova muratura, a divenire un massivo paramento che declina ancora una volta in modo inedito il principio della stratificazione.
Muri portanti, sessanta centimetri di spessore, realizzati concatenando strati del mattone custom made definito quale “Kolumba Stein”. Studiato nella componente materica e cromatica con prove ed analisi durate anni, il mattone Kolumba, oggi divenuto vessillo della fornace danese produttrice, è realizzato a mano in un formato inconsueto – 4 x 21 x 54 centimetri – sottile, ampio e lungo, adatto a innestarsi nei muri medievali, ideale per realizzare murature di spessore complementari alla pietra cui cromaticamente si rivolge. Un’avvolgente sfumatura grigio cenere veste gli spazi, ammorbidita da tonalità cangianti dei colori fondamentali – giallo, rosso, blu – ed uno strato leggermente più denso di malta a separare gli elementi.
Ma la semplice bellezza del disegno murario trova la propria speciale interpretazione là dove la trama degli elementi si fa più rada fino a divenire traforo, diaframma attraversabile dalla luce e, interrotto nella sua continuità, improvvisamente “leggero”. Sgravate dal peso della materia, minute vibrazioni di luce costellano lo spazio interno rendendolo mobile e imprevedibile.
Qui coerenza di pensiero e di metodo del progettista si fanno materia e torna il concetto, più volte espresso dall’autore, di architettura come organismo ove tra le sue parti e il tutto non vi sia “nulla di troppo”, in una parola concinnitas. Così la superficie diviene essa stessa ornamento e i piccoli vuoti che la traforano sono dettagli altrettanto concreti quanto i corpi solidi, giocando con la magia della luce.

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Il percorso nell’area archeologica

Presso la promenade archeologica che si svolge alla quota inferiore del complesso, costeggiando esternamente le cappelle “del Sacramento” e la “Madonna delle Macerie” di Böhm, l’ordine spaziale che si avverte è dettato dalla presenza dei sottili pilastri in acciaio fasciati nel cemento che – aghi sul corpo dell’architettura – sostengono assieme alla muratura gli spazi costruiti sovrastanti.
Ai livelli superiori le sale del museo. Ora ambienti aperti, ora spazi raccolti si susseguono e, mentre muta la percezione, il comfort rimane costante. Perchè vi è attenzione anche per la componente energetica. Lo spessore dei muri in mattone è attraversato da tubi che sfruttano la geotermia; l’aria nelle sale penetra dal soffitto mentre l’elegante stacco tra pareti e pavimenti l’aspira.
Al contempo il racconto della collezione esposta nelle sale è composto di oggetti di eterogenea natura, epoca e valore, accostati in modo inconsueto perchè “passato e presente – precisa Zumthor – nella buona arte si incontrano”. Allestitore attento alla matericità tonale dei fondali, ai punti di luce artificiale e naturale, alla posizione dei singoli pezzi, l’architetto, nell’esperire il progetto, ha amato in particolare le rappresentazioni scultoree della Vergine che tutte paiono sorridergli ed una, in particolare, ora occhieggia dalle grandi finestre alla cattedrale della città, laddove il luogo si ricongiunge con la sua cornice.

di Veronica Dal Buono

Si ringrazia Costruire in Laterizio per aver consentito la pubblicazione del presente articolo – Costruire in Laterizio, n.124, 2008, pp.4-9 – e l’Istituto Kolumba Museum per il cortese utilizzo delle immagini (photo Elene Binet)

Vai a Andil – Costruire – Costruire in Laterizio

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