12 Gennaio 2009
Citazioni
La pietra che parla
Le pietre sonore di Pinuccio Sciola.
“Udo illustrò con grande disponibilità i misteri delle concrezioni: “Migliaia di anni di paziente gocciolamento hanno plasmato queste meravigliose formazioni di pietra. Nei tempi antichi ci sono state molte credenze sulla natura delle concrezioni: si è pensato che si trattasse di acqua solidificata, oppure di strani esseri in uno stadio intermedio fra il regno minerale e quello vegetale, nè vivi nè morti, o perfino di anime perdute condannate all’immobilità, o addirittura di demoni che stavano salendo dagli inferi. […] Oggi sappiamo che vengono depositate quando l’acqua di superficie, che filtra verso il basso, porta con sè microscopiche quantità di materiale eroso dal terreno e dalle piante, se ce ne sono. E ora noi ci troviamo proprio sotto il bosco spontaneo di Bödmeren”. […] Josef trovò l’escursione e le spiegazioni interessanti, ma allo stesso tempo dolorose, poichè era torturato dalla curiosità di penetrare più a fondo nelle grotte. […] Sotto la superficie della Terra la percezione del tempo e dei punti cardinali scomparve rapidamente, ma loro non potevano essere avanzati in modo significativo verso il fondo, ammesso che fossero avanzati.
[…] Finalmente giunsero a un punto dove il tunnel scendeva a strapiombo. […] Josef prese la lampada e cominciò ad esplorare il locale. Giunse a un laghetto dalla superficie immobile, a parte, scoprì poco dopo, un piccolo mulinello al centro. Mentre fantasticava su dove nascesse il mulinello si rese conto del silenzio, o meglio, dei rumori che lo popolavano. Lontano, nell’oscurità, si udiva un gocciolio e, ancora più lontano, un rumore di acqua che scorreva. Il mulinello produceva un sottile sibilo. Poi percepì un debole brontolio che non sembrava prodotto dal movimento dell’acqua. Era un rumore più pietroso. Si alzò d’un tratto, al pensiero che un blocco di pietra si stesse staccando sopra la sua testa, e sollevò la lampada tenendola col braccio teso, fissando il soffitto.
Il brontolio era costante, il che significava che non c’era pericolo di un crollo imminente; inoltre proveniva da un punto più lontano nell’oscurità. Respirò lentamente rimanendo in ascolto per stabilire da quale direzione proveniva il rumore. Con passi silenziosi si diresse verso la fonte del suono e si trovò davanti a un grande blocco di pietra che spuntava dal pavimento della grotta. La roccia era simile al granito, più scura della pietra calcarea che la circondava. Il brontolio, accompagnato da un crepitio, ora si percepiva chiaramente. Josef posò l’orecchio destro sulla roccia e il rumore di circa dieci giorni geologici, ovvero di centoventicinque milioni di anni di terremoti, gli investì il timpano”.
Peter Adolphsen, La pietra che parla, Roma, Fazi, 2008, pp. 19-25, (I ed. danese, 2003).