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21 Giugno 2006

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Un sasso nello stagno


Istitut du Monde Arabe a Parigi di Jean Nuovel (foto Sudio Nouvel)
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Non v’è dubbio che una certa parte della cultura nazionale, in particolare di quella che ruota intorno all’architettura, perchè di questo qui ci si occupa, ama frequentare il vezzo di assumere il pianto come condizione imprescindibile dell’essere (dasein heideggeriano?), così come è usuale l’abitudine alla denigrazione del settore in cui si opera. Forse si dimentica che la tristezza non è mai foriera di grandi soddisfazioni, seppure le contiene in nuce. O forse la soddisfazione non è oggetto d’interesse, più dell’insoddisfazione? Forse la sola speculazione intellettuale è l’oggetto del desiderio? Chissà, eppure tra le conseguenze di tale atteggiamento vi sono alcune prese di posizione che sono diventate indiscutibili, sulle quali non è consigliabile addentrarsi. Entrati nel labirinto senza uscita delle specializzazioni ognuno continua a concentrarsi sul suo specifico cercando disperatamente di uscire dai susseguenti vicoli ciechi. Non sa, il povero malcapitato nel mondo della tecnologia, che non è guardando solo un punto dell’ampio panorama che lo circonda che riuscirà a venire a capo dei problemi che si vanno via via moltiplicando esponenzialmente. Magari dotandosi di un "occhio di Venere", un occhio strabico, direzionabile lateralmente rispetto ai suoi tormenti monoculari potrebbe trovare agevolmente risposta alle domande che in maniera monotona continuano a ripetersi sempre uguali a se stesse.
Mi chiedo perchè nel pensiero tecnologico, mi riferisco alla cultura materiale che concerne l’architettura, si continua da tempo a piangersi addosso ripetendo ossessivamente ovvietà che sottendono errori interpretativi ormai incancreniti e difficili da estirpare. Tali errori stanno malauguratamente plagiando i giovani che iniziano a dedicarsi con entusiasmo allo studio dei paradigmi che stanno alla base del nostro sapere (e spesso si accontentano di una prima, superficiale lettura). Tra questi uno riguarda l’errata convinzione che il settore delle costruzioni sia stato e sia ancora arretrato, o quantomeno a più lenta evoluzione rispetto agli altri, settore laddove l’innovazione non si sviluppa al suo interno, ma è surrogata da altri ambiti ritenuti ovviamente più avanzati. Molti ne sono assolutamente convinti pur non essendosi mai soffermati a pensare seriamente sulla veridicità o falsità di tale affermazione (anche in questo caso debbo rammentare che il vero contiene in sè il falso e viceversa, e addirittura sono la medesima cosa garantendosi vicendevolmente). Per onestà intellettuale va detto che qualche dubbio, di tanto in tanto, fa capolino, ma non ha mai scalfito l’idea di fondo che si adagia sulla convinzione che sia un settore a rimorchio di altri più importanti (non si capisce come si possa determinare una tassonomia dell’importanza di un settore rispetto ad un altro).
Se alcune innovazioni nate e sviluppatesi all’interno di un settore sono trasferite in un altro, queste non vengono quasi mai spostate direttamente, ma debbono subire una serie di cambiamenti che quasi sempre rendono irriconoscibile il primo impiego, quindi nascono e si sviluppano all’interno dell’ultimo settore e godono del cosiddetto "vantaggio del ritardo". Arrivare per primi, specie nel mondo dominato dall’economia, ma anche in quello della tecnologia, non significa quasi mai essere i migliori. Importantissime innovazioni sono sempre nate, sviluppate e consolidate all’interno del settore edile, altrimenti non si sarebbe mai potuto costruire, nè lo si potrebbe fare oggi. Perchè, allora, continua questa fama? Da cosa può essere dipeso? Qualche risposta è pure affiorata, ma non è stata in grado di incidere concretamente.
Che il settore edilizio sembri arretrato può dipendere da molteplici fattori e fermarsi alla crosta più esterna non pare essere il modo migliore per approfondire la questione, anche se quello che si percepisce è sempre e solo il limine delle cose, a meno che queste non siano trasparenti, o semi trasparenti. Lasciarsi confondere da visioni superficiali non pare essere un buon metodo.
Non essendo di nostra competenza specifica, si tende a sopravvalutare i risultati ottenuti dagli altri settori lasciandosi facilmente stupire da effetti speciali (l’erba del vicino è sempre migliore…) che, alla fine, così tanto speciali non sono. Il settore edilizio è in grado, oggi, di ottenere effetti ancora più speciali. Basta pensare a talune recenti realizzazioni dello stupore (media buildings, blur buliding, decostruzioni, ecc.). Dove si annida, allora, il germe che permette ancora di sostenere che l’edilizia è arretrata?
Il problema va affondato cercando di capire cos’è un edificio e quali strumenti e metodi sono messi in campo per la sua realizzazione. Oggi ogni manufatto edile, di qualunque complessità si stia parlando, è costituito da materiali, semilavorati, elementi prodotti e/o lavorati industrialmente. Che le strumentazioni ed i luoghi della preparazione siano diversi da dove avviene l’erezione del manufatto poco importa, sempre di edilizia si parla. Che la macchine per produrre un sofisticatissimo pace-maker o un pannello di rivestimento in materiale litico siano realizzate in un’industria diversa da quella che rispettivamente realizzerà o porrà in opera (più o meno chirurgicamente) i singoli manufatti è del tutto ovvio e nessuno si sogna di dire che il primo non sia tecnicamente avanzato, mentre del secondo si sostiene spesso che non ha lo stesso livello di innovazione o sofisticazione. Un edificio è, ormai, incontestabilmente un manufatto di produzione industriale. Il cantiere è tout court il luogo dove avviene il montaggio del prodotto edificio. I materiali, le macchine, le strumentazioni, le organizzazioni che confluiscono per produrre le parti di un edificio appartengono tutte al settore costruttivo, anche se nascono e si sviluppano altrove. Se ci si intestardisce a suddividere sempre più lo scibile umano, sull’onda delle separazioni iniziate a suo tempo da Cartesio, si giungerà a misconoscere l’apodittico.
Insomma il settore edile è il settore avanzato delle trasformazioni e dei montaggi laddove avvengono quotidianamente innovazioni che si sviluppano e si realizzano sia localmente, risolvendo i problemi di ogni giorno, sia a livello strutturale allorquando si immettono novità tali da essere impiegate in molteplici applicazioni.
Il settore edile non ha bisogno di pianto, ma di essere una volta per tutte assimilato alle altre produzioni industriali. Le innovazioni, al di là delle semplicistiche classificazioni che si continuano a dare (es. fondamentale, adattivo, funzionale), nascono, si sviluppano e si confermano laddove un cambiamento si consolida, qualunque sia la sua provenienza originaria. L’adattamento è sempre stato uno degli aspetti fondamentali dello sviluppo. Pescare per analogia da un ambito all’altro non significa essere poco intelligenti o incoerenti, anzi. Perchè sprecare fatica quando da qualche parte si può imitare, cogliere, risparmiare sforzi inutili? Lo si è sempre fatto ed in ogni ambito, inizialmente copiando la natura, i suoi fenomeni e comportamenti. Se questo modo di procedere significa essere arretrati allora la produzione di navicelle spaziali è uno dei settori ad elevata arretratezza, perchè pesca da ogni settore diverso da quello della produzione di oggetti volanti.
Questo è solo un tentativo di trasmettere la necessità del dubbio, in ogni considerazione che venga proposta come certa ed acquisita. Non dare mai nulla per scontato o per assodato è condizione essenziale per chiunque desideri approfondire la conoscenza. Come ogni cosa ha il suo rovescio o meglio lo contiene, così ogni affermazione nel senso dell’arretratezza del settore edilizio contiene in sè, nel profondo, il fatto che è un’affermazione che possiede un’elevata probabilità di essere falsa.

Pietro Zennaro

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