17 Dicembre 2008
Design litico
Curvilineo e rettilineo nei progetti di Claudio Silvestrin
La curva caratteristica del padiglione Il Casone a Marmomacc.
La fotografia è di Giovanni De Sandre.
Ad introduzione, anche noi ad omaggiare i traguardi recenti di Oscar Niemeyer, potremmo ora affermare con lui: “Non è l’angolo retto che mi attrae e nemmeno la linea retta, dura, inflessibile, creata dall’uomo. Ciò che mi attrae è la curva libera e sensuale, la curva che incontro nelle montagne del mio paese, nel corso sinuoso dei suoi fiumi, nelle onde del mare, nel corpo della donna preferita. Di curve è fatto tutto l’universo, l’universo curvo di Einstein”. Come abbiamo già avuto modo di sostenere, però, la linea curva è protagonista dei progetti di Claudio Silvestrin in modo assai controllato. Il risultato, nelle rare occasioni in cui accade, è quello della maggiore forza, della maggiore espressività e significanza degli stessi elementi curvilinei della composizione, indipendentemente dalla scala urbana, architettonica o del dettaglio con cui l’architetto si confronta.
Sempre nelle rare occasioni in cui accade, la presenza tridimensionale curva nello spazio mai prescinde dalla complice e simbiotica presenza bidimensionale degli estesi piani d’appoggio pavimentali orizzontali, quasi fossero piattaforme specificamente funzionali all’allestimento d’arredo da porvi in scena.
Sosteneva Vassilij Kandinskij nelle teorizzazioni dell’esperienza Bauhaus che l’elemento armonico di una composizione può essere anche costituito dal massimo contrasto fra due elementi. Tale contrasto, se usato in modo appropriato, può a suo avviso influire in modo positivo, fino ad elevare l’opera al massimo livello armonico. Appellandosi a questo concetto, convergendo sul rapporto oppositivo fra retta e curva, scrive allora Vilma Torselli: “La linea retta e la linea curva costituiscono una coppia antagonistica (…) e sulla tesa dialettica tra queste due opposte rappresentazioni segniche appoggia spesso l’efficacia espressiva dell’arte moderna”. Segue per altro nello scritto a cui ci si riferisce, l’interessante rimando esemplificativo a Il bacio di Klimt.
Il dettaglio della parete dell’Armani store di Londra, tratto dal volume Nuova estetica delle superfici
La retta e la curva, in certo qual modo simboli estremi di spirito artistico apollineo e dionisiaco, raggiungono sintesi mai banali nei progetti di Claudio Silvestrin. Se ritroviamo infatti anche solo mentalmente gli scatti fotografici celebri della Maison B ed ipotizziamo per un attimo di eseguire a disegno una sezione attraversante la vasca lapidea nella sua mezzeria, per estrema semplificazione ci troveremmo di fronte ad una retta per il calpestio e ad una curva pressochè pura che vi s’appoggia sopra delicatamente, come uno spicchio di luna che lambisce la linea dell’orizzonte.
In questo senso possiamo ora meglio approfondire quanto anticipato in una precedente riflessione sul legame genetico esistente fra i tre progetti lapidei: di lavabi e vasche raccolte nella collezione I Fiumi per Boffi, dell’articolazione interna all’Armani Store di Londra, dell’allestimento di stand espositivo per Il Casone a Marmomacc.
Per Silvestrin non esiste differenza d’approccio nel cambio di scala. Permangono i significati primi da cui l’architettura prende forma. Allora la pietra è terra. Ogni elemento che vi s’appoggi, quand’anche sia esso stesso lapideo, lo fa con leggerezza, una leggerezza normalmente inimmaginabile per la pietra. Infatti per le vasche ed i lavabi lapidei le rotondità della forma nelle tre dimensioni rendono ombratile e quasi sospeso l’inevitabile contatto col suolo; per il percorso espositivo del negozio di Londra la parete dall’andamento avvolgente – quasi, in sezione, l’ingrandimento di un lembo della vasca – ha previsto al disegno dei conci d’attacco al suolo uno stacco lieve e continuo fra il piano orizzontale di calpestio e quello verticale di parete; per l’allestimento a Marmomacc i pannelli in pietra serena massiccia, già non trovanti col suolo un contatto pieno per via della sua rugosità superficiale, si staccano definitivamente dal calpestio nella parte cosiddetta volante per abbracciare il monolite centrale.
I legami fra i tre progetti non terminano poi a quest’aspetto. I due allestimenti di Londra e Verona mostrano infatti le loro rassomiglianze genetiche con più evidenza nell’approccio al tema del percorso e delle aspettative visuali lungo gli andamenti tortili dei camminamenti, tema rispetto al quale gli oggetti di design contribuiscono solo indirettamente, partecipando a determinare in modo fluido i percorsi verso ed attorno a sè. Verona e gli oggetti per il bagno mostrano legami nella consistenza tutta lapidea degli elementi tagliati e scavati direttamente dal blocco, mentre questa volta Londra brevetta un sistema di sottostruttura metallica a svuotare la parete e rivestirla con tecnologie a secco in conci lapidei di 3 cm di spessore.
Infine Londra e le sale da bagno della Maison B, oppure della più recente Penthouse di Montecarlo e definitivamente i pezzi della collezione I Fiumi, intrecciano le proprie parentele sulla forte presenza dell’elemento acqua. Costante componente d’iniziazione ai percorsi interni dei retails Armani, recante i significati propri di purezza e naturalità, l’acqua in un oggetto come la vasca è protagonista certa del progetto al pari di ciò che la contiene.
Il progettista descrive così la collezione per Boffi (traduciamo liberamente dall’inglese): I lavabi e la vasca in pietra sono una collezione: I Fiumi. Il loro disegno intende sposare gli elementi di acqua e terra, il senso di fermezza e resistenza della pietra con quello di movimento e mutabilità dell’acqua. Questi elementi sono espressi attraverso le forme più rigorosamente semplici e geometriche.
La vasca Po ed il lavabo Piave. Nella Photogallery le ambientazioni di Boffi.
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Il motivo del fatto che il materiale naturale sia materiale principe dei progetti di design di Silvestrin pure risiede nella dinamica conducente l’arredo alla produzione: è talvolta infatti capitato, per altro forse proprio per gli oggetti più celebri, che dal progetto d’arredo su disegno per uno specifico committente si sia passati solo successivamente all’industrializzazione del medesimo prodotto per aziende. E’ coerente dunque la traduzione, ovvero il passaggio per traslazione, dei caratteri propri del linguaggio dell’architetto dal progetto d’architettura a quello per il design.
In un passaggio dell’intervista raccolta da Interni nel numero monografico di dicembre 2006 Claudio Silvestrin dice: “Quando faccio progetti d’architettura cerco di produrre una sensibilità verso tutto ciò che è solido, ancorato e destinato a durare.” Il rivolgersi ai materiali naturali, a maggior ragione alla pietra, allora pure ci sembra una sorta di strategia contro l’effimero, contro la moda e lo scorrere del tempo. Poco oltre, sempre nell’intervista, l’architetto afferma sulle significatività simboliche in architettura: “(…) l’avere perso il valore simbolico della costruzione è secondo me una colpevole forma di riduzionismo culturale. Nel mio lavoro cerco sempre di valorizzare gli elementi della natura come l’acqua, il fuoco, la terra, lo spazio, che in un certo senso vogliono essere presenze quasi ‘divinizzate’, e per nulla decorative, proporsi come elementi forti del progetto complessivo.” Torniamo così ai temi di tensione reciproca fra terra ed acqua, fissità e movimento, retta e curva.
Le sperimentazioni futuriste di Balla in modo esemplare hanno sovrapposto i livelli della grafica a quelli della percezione; in “Linea di velocità” la replicazione spasmodica della curva è associata al rumore meccanico del motore e del progresso. All’opposto, con riferimento a Silvestrin, alla nettezza pura dei suoi tratti curvilinei, alle trasparenze liquide contenute dai solidi bacini in pietra, potremmo invece parafrasare Friedrich Kiesler ed affermare che il serpeggiare dell’acqua in un contesto naturale suscita silenzio.
di Alberto Ferraresi
(Vai al sito di Claudio Silvestrin)
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(Vai al post L’arancia assume corpo litico)
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