20 Novembre 2008
Interviste
Gilles Perraudin intervistato da Mario Pisani*
Gilles Perraudin, con Francoise Jorda, appare sulla scena architettonica europea alla metà degli anni Ottanta vincendo un concorso per la scuola di architettura a Vaulx-en-Velin nei pressi di Lione, un’opera caratterizzata da un accentuato impianto High Tech, lodata anche da Norman Foster per il budget assai ridotto ed il contrasto con il luogo in cui si insedia, mentre già in precedenza si erano caratterizzati per l’impiego dell’energia solare passiva. Alla fine degli anni Novanta realizza a Vauvert una cantina vinicola completamente realizzata in pietra, e da allora proseguono le costruzioni caratterizzate dall’impiego di questo materiale. Lo abbiamo incontrato a Verona e ciò che segue la trascrizione del dialogo con il nostro progettista.
Mario Pisani. Lei ha progettato e realizzato edifici che si esprimono in un chiaro linguaggio High Tech, come la scuola di architettura a Vaux-en-Velin, a Lione o la città scolastica, anch’essa a Lione, caratterizzate dalla ricerca tecnologica più avanzata, che rinvia con la memoria alle opere più eclatanti di Buckminster Fuller o a quelle degli altri progettisti tra i più innovativi. Quali sono le motivazioni che stanno dietro a queste costruzioni e come passa da quelle all’edificio scolastico a Vauvert, alla stessa cantina vinicola dove invece impiega unicamente la pietra?
Gilles Perraudin. Per quanto mi riguarda non esiste alcuna differenza tra le opere da lei citate ed altre ancora come l’Accademia ad Emscher Park, in Germania, e quello che sto sviluppando in questi ultimi tempi sulla pietra, perchè ho sempre impiegato dei materiali naturali per la costruzione degli edifici e per ciò che attiene al loro microclima interno. Se, per esempio, pensiamo al complesso di Herne-Sodingen che sorge in un parco urbano, questo presenta le celle fotovoltaiche ma, pur sviluppando circa 10.000 mq. sulla copertura e su parte della facciata ovest, esse rappresentano una sorta di incidente rispetto al ruolo sociale che vuol assumere su di se il progetto stesso. Infatti le cellule hanno essenzialmente il ruolo di provocare l’ombra all’interno di un edificio che altrimenti avrebbe una temperatura interna troppo elevata e ciò mi sembra molto interessante, ma la motivazione che sta alla base dei diversi progetti è l’impiego di materiali naturali. Ad esempio sto costruendo in terra…
M.P. In terra? come nei villaggi africani, in terra cruda?
G.P. Esattamente, nei pressi di Lione sto impiegando la terra battuta, compressa mentre in Germania ho impiegato il legno ed ora sto utilizzando la pietra ed ancora il legno. Credo che tutti i materiali siano utilizzabili, soprattutto quelli naturali.
M.P. Quali sono le motivazioni della sua ricerca?
G.P. Sul piano energetico hanno il più basso impatto possibile per ciò che concerne il consumo di energia. Inoltre occorre ricordare che gli edifici sono spesso responsabili dell’emissione d’anidride carbonica e di altri gas e proprio queste emissioni contribuiscono alle variazioni del clima nel nostro pianeta. Occorre invece costruire edifici che abbiano un basso consumo energetico impiegando materiali come la terra, il legno, le canne di bambù e la pietra che possiedono proprio queste qualità. In particolare impiego la pietra nel sud, nel sud della Francia e nel sud dell’Europa perchè è un materiale che più di altri è in grado di entrare in sintonia con il clima presente nei Paesi del sud, in particolare con il caldo che si manifesta in questi luoghi. Attraverso la pietra si può ottenere un ottimo clima all’interno delle costruzioni, penso in particolare alla pietra impiegata con i suoi giusti spessori, per la sua massa ed è questo il motivo per cui impiego la pietra e non certo per motivazioni che riguardano il mio linguaggio architettonico che invece vuole comprendere i processi tecnici, esprimere la qualità dei materiali e trovare forme architettoniche che presentano una relazione assai forte con le specifiche qualità dei materiali impiegati.
M.P. Vuole farci degli esempi?
G.P. Quando progetto impiegando il legno penso a strutture reticolari, a colonne articolate che le sostengono ed è il caso della scrittura presente nell’edificio in Germania. Se invece impiego la terra battuta è possibile vedere muri massicci e costruzioni ponderose che impiegano la massa, se invece costruisco impiegando il cemento si tratta di un’altra casistica e lo stesso si può dire se costruisco impiegando la pietra. Dalla scelta dei materiali scaturisce quella delle tecnologie appropriate, dei processi tecnici di costruzione e quindi della cultura necessaria per realizzare l’opera che non proviene dalla tipologia o dalla forma. In realtà mi sento di poter dire che i progetti che ho messo a punto sono sostanzialmente gli stessi mentre ciò che è variato nel corso del tempo è l’impiego dei materiali scelti e se cambiano i materiali è evidente che deve cambiare anche la forma delle costruzioni.
M.P. Qual è il suo rapporto con la storia, con le testimonianze del passato? La presenza nei pressi del collegio di Vauvert o delle cantine vinicole des Aurelles di quella magnifica costruzione che è il Pont du Gand, edificato dai Romani, ha influenzato quelle opere? Ed ancora, non le sembra che riproponendo, come fa, costruzioni in pietra massiccia quasi annulla duemila anni di storia?
G.P. No di certo. Non ho mai cercato referenze storiche eppure ho continui riferimenti con la storia. Costruire ai giorni nostri non è certo per necessità contemporanee…
M.P. E costruire in pietra è costruire per l’eternità.
G.P. Certamente, ma non significa che siamo contemporanei con i capolavori della storia. Noi stiamo costruendo oggi e non so se queste opere saranno eterne. Forse lo saranno, ma non è questa la ragione per cui impiego la pietra, la impiego certamente anche perchè dura nel tempo, ma soprattutto per i vantaggi che offre. Costruire in pietra è come far crescere un edificio attraverso una serie di elementi che si incastrano tra di loro e la pietra è sempre lì, ma ogni giorno appare sotto una nuova luce, diversa. Quindi non costruisco in pietra per innalzare una tomba ma per fare un edificio in cui si manifesta la vita.
Non ho colto alcun riferimento in particolare con il Pont du Gand ma ho impiegato la pietra perchè in quella regione, poco distante dai cantieri ci sono delle cave dalle quali è stata tratta la stessa pietra del ponte romano e del resto nella regione di Nîmes già dall’antichità vi era la consuetudine di estrarre la pietra, la stessa della Maison Carrè che sono dei monumenti che tutti conosciamo ma la differenza fondamentale tra le mie opere e queste che ho citato è che io non utilizzo l’arco, invenzione tipicamente romana, perchè sono troppo complicati e quindi la mia architettura è piuttosto vicina a quella che innalzavano gli egiziani.
M.P. Lei ci ha parlato dei vantaggi del costruire in pietra ma certamente ci saranno anche dei problemi.
G.P. Innanzi tutto vi sono problemi di regolamento edilizio e di natura giuridica. La pietra, come materiale da costruzione, non ha alcun regolamento e in un recente progetto che ho presentato le autorità predisposte al rilascio dell’autorizzazione a costruire mi hanno chiesto se la pietra è stata testata come prodotto sperimentale perchè non appare più tra i materiali da costruzione. Ai giorni nostri abbiamo perduto tutta la cultura espressa dal passato sul modo di costruire in pietra. Gli ingegneri sanno calcolare una costruzione in cemento, ma non sanno più fare la stessa operazione impiegando la pietra che è un materiale radicalmente diverso rispetto al cemento.
M.P. La pietra è morbida? Più del cemento? Si è portati a credere che la pietra sia rigida, che sollecitata da sforzi a compressione e ancor più di trazione si spacchi…
G.P. Certamente dipende da quale pietra si utilizza, ma la struttura interna dei materiali è deformabile. Del resto è proprio questa la caratteristica delle costruzioni che hanno sfidato i secoli, inoltre le costruzioni in pietra sono fatte impiegando piccoli elementi e dei pezzi che sono assemblati insieme possono fare dei movimenti mentre la struttura in pietra ripartisce gli sforzi in modo omogeneo, con una concezione strutturale che è assai diversa da quella tipica del cemento che è, al contrario, piuttosto rigido. Occorre quindi elaborare una nuova cultura a proposito.
M.P. Lei è un pioniere di questa cultura…
G.P. Certamente ma varrebbe la pena cominciare a guardare le costruzioni del passato, le grandi architetture che ci ha lasciato la storia non più con lo sguardo dello storico, ma con quello del costruttore e quindi ponendosi l’obiettivo di capire come sono state realizzate.
M.P. M’interessa molto capire quale sia l’atteggiamento della committenza e degli utenti nei confronti delle sue costruzioni in pietra. Penso ad esempio alla scuola, che dicono gli studenti?
G.P. Sono molto onorato. Ho costruito tre edifici con l’impiego della pietra utilizzata per la sua massa. Due cantine ed una grande scuola. Per quest’ultima, nel giorno dell’inaugurazione, il pubblico presente ha applaudito l’architetto ed è la prima volta che ciò avveniva.
M.P. Gilles Perraudin non ha quindi fatto l’architetto, inteso in termini dispregiativi o meglio ancora, come nel caso del palazzo di Giustizia a Bruxelles, progettato da Joseph Poelaert, non si è completamente disinteressato dei desideri dell’utenza inseguendo unicamente i suoi sogni, le sue chimere.
G.P. Nel mio caso si è trattato di un plauso spontaneo. Inoltre io ed i miei collaboratori lavoriamo in uno studio ricavato nella cantina che ho realizzato.
M.P. La vicinanza al vino stimola la vostra creatività?
G.P. No, occorre invece dire che in questa architettura si sta veramente bene. Si tratta di spazi sereni mentre l’impiego dei materiali naturali come la pietra ed il legno trasferiscono all’uomo sensazioni di serenità. Inoltre la luce che si riflette sulla pietra e varia con lo scorrere delle ore e delle stagioni rappresenta uno spettacolo ineguagliabile.
M.P. Non possiamo certo dire che l’architettura di Gilles Perraudin sia alla moda.
G.P. Non ho mai voluta fare delle architettura in grado di durare una sola stagione, come gli edifici alla moda, ma pensate per durare.
M.P. La Francia è caratterizzata per questa continua ricerca del nuovo, per una concezione della modernità legata alla continua invenzione, alla necessità di stupire e meravigliare mi chiedo cosa pensano i critici di fronte ad una architettura come questa che non è certamente pensata con questi presupposti.
G. P. In realtà i miei edifici hanno ricevuto delle critiche molto positive ed il mio lavoro incontra consensi soprattutto nelle scuole di architettura. Io insegno nella scuola di Montpellier e a Grenoble e molti giovani mi sembrano sinceramente interessati a comprendere il giusto impiego di materiali naturali come la pietra, il legno, i mattoni e che la composizione architettonica si può concepire unicamente se si conoscono a fondo i diversi materiali. In Francia abbiamo una concezione molto elevata della pedagogia ed il mio lavoro consiste essenzialmente nel fare pedagogia. È in base alle referenze che pongono in relazione i materiali e le tecnologie impiegate che può scaturire l’architettura.
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*Si ringrazia Veronafiere Marmomacc per l’autorizzazione alla rieditazione