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30 Ottobre 2008

Videointerviste

A Il Casone con Claudio Silvestrin il “Best Communicator Award” di Marmomacc 2008

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Con il progetto “La Cava” intendo esprimere la forza, il valore, l’anima della roccia nella sua totalità, il suo spessore, il suo peso, il suo apparire come forma e come superficie.
Superficie che è essa stessa co-essenza dell’essere roccia.
Questo progetto ci fa percepire che la crosta non vuole separarsi dal cuore della roccia, che esiste invece un tutt’uno, un’unità.
L’energia della roccia consiste in questa totalità materica.

Claudio Silvestrin

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La planivolumetria di progetto dello stand

Ars
Raccogliamo volentieri il testimone offertoci dagli approfondimenti di Alessandra Acocella sugli spazi dedalici di Robert Morris, poichè in effetti l’opera di Silvestrin per Il Casone a Marmomacc 2008 ripropone, nella sintesi dimensionale possibile entro gli spazi a disposizione in fiera, il tema del labirinto da sempre caro al mondo dell’arte. Sono numerosissimi i contributi su questo tema anche tra gli autori più noti: ci piace ricordare Mirò, per la vicinanza geometrica di alcuni suoi tratti celeberrimi alla spirale litica di Silvestrin, e particolarmente Kounellis per la significativa contemporaneità della sua opera. Il labirinto in ferro e carbone dell’artista italo-greco alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma è, per parole dell’autore, strumento personale per rifuggire la frammentarietà del mondo contemporaneo, alla volta del raggiungimento di una centrica unitarietà. Afferma, sul tema, nel ’93: “Nessuna scorciatoia risolve il problema, il viaggio all’interno del labirinto deve essere reale fino al cuore del problema e questo ti dà anche la misura del tuo destino.”
Il labirinto assume simbolicamente significato, nella storia, in parallelo all’arte, in ambito religioso: oltre a costituire citazione diretta dell’intrico materializzato nei camminamenti catacombali, il labirinto è metaforicamente trasposto ai calpestii di alcune cattedrali europee, ad esempio Chartres, dove è rappresentazione del percorso di fede in avvicinamento a Dio, situato al centro. Il movimento concentrico e contemplativo è del resto già presente, senza alcuna foggia labirintica eppur solitamente curvilineo, nel camminamento absidale dei fedeli attorno l’altare.
Problema di Dio a parte, come direbbe Silvestrin (Claudio Silvestrin, Octavo, pag. 219), il labirinto rappresenta nella sua medesima figura l’itinerario mentale compiuto dall’uomo verso la conoscenza. Racchiude in sè i temi dell’inconoscibilità certa della meta, nonchè della linearità logica dell’avvicinamento alla meta stessa. Il raggiungimento del centro, scopo del viaggio, risposta alla propria domanda esistenziale, sempre è associato ad un momento di catarsi, di conoscenza del mondo e di sè, conseguentemente anche di redenzione personale nel senso spirituale più ampio, non necessariamente cristiano.

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Un’inquadratura colta durante le fasi della fiera chiuse al pubblico (fotografia di Giovanni De Sandre)

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Ulteriori richiami all’espressività artistica contemporanea sono le sculture quali ad esempio Band di Richard Serra, per forma, senso di compressione fra le pareti del percorso, curiosità ovvero dubbio sul punto d’arrivo: di fronte al labirinto infatti non esiste mai la certezza di riuscita, ma solo la necessità d’affrontare la prova, l’ingresso.
Avvicinandoci all’architettura, ricordiamo il labirinto sulla collina vicino Messina ad opera dello scultore Italo Lanfredini; ancor più, ci pare infine suggestivo il richiamo al recente muro per la preghiera, opera dell’architetto Pietro Carlo Pellegrini al Monastero di Santa Gemma Galgani in Lucca, con il suo slancio verticale centrale in conclusione di percorso labirintico.
Se dunque una delle funzioni dell’arte, se non “la” funzione dell’arte, è provocare il pensiero, Silvestrin per Il Casone sceglie di misurarsi con uno dei temi artistici più classici, quello del labirinto, per stimolare ciascuno, nello straniamento provocato dall’arte collocata al di fuori dei suoi spazi canonici, ad un ragionamento sulla natura propria della pietra.

Tèkne
La finitura superficiale del monolite svettante al centro è opera scultorea di Studio Arte Marmo. La realizzazione del monolite vede, operativamente, la sovrapposizione di 3 cilindri tagliati “al filo” dal blocco originario di cava, poi scavati: il peso della materia infatti, se non svuotata al centro, non sarebbe stato tollerato dal pavimento del padiglione della fiera, di portata caratteristica di 4.000 kg/mq.
Il piano pavimentale è sostenuto da piedini regolabili, appositamente studiati da Goldbach per l’installazione di Silvestrin. La speciale finitura con rigatura continua su lastra di grande formato è ottenuta mediante macchina “rigatrice ad una testa”.
I pannelli verticali, di spessore massimo intorno agli 8 cm finali, sono tutti differenti: per larghezza e rastremazione in spessore; taluni si differenziano anche per altezza, nel tratto detto “volante”. I pannelli sono pure tagliati “al filo” direttamente dal blocco di cava, poi messi in prova.
Il progettista sceglie, come lavorazione superficiale: la sabbiatura sulla faccia esterna, invece la calibratura con mola all’interno del pannello. I segni di rigatura frutto della lavorazione sul lato interno sono lasciati a vista. I collegamenti fra i pannelli avvengono mediante spinotti in acciaio inox e zanche metalliche a scomparsa.
Complessivamente sono utilizzati circa 50 mc di pietra serena di Firenzuola.

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Alcuni dettagli dello stand di Claudio Silvestrin per Il Casone

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di Alberto Ferraresi

(Vai al sito di Claudio Silvestrin architects)
(Vai al post su Robert Morris)
(Vai al sito Casone)
(Vai al sito di Marmomacc)
(Vai al sito di Giovanni De Sandre)
(Vai al video sull’opera Band di Richard Serra)
(Vai al sito di Studio Arte Marmo)
(Vai al sito di Goldbach)

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