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29 Maggio 2006

Appunti di viaggio

Sulle vie di Damasco


Colonnato a Palmyra (foto Giuseppe Lorenzi)
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Sulle vie di Damasco
Per me che delle mie pietre incise riempio i cassetti, le cantine a volte sconfinando, per mancanza di spazio in ambienti altrui, quelli di amici che ospitano le mie sculture, il viaggio e non la vacanza che ho avuto il piacere di compiere in terra Siriana ha lasciato una forte e "pesante" sedimentazione.
Gli edifici, gli spazi, le sculture e i cimiteri in terra siriana vivono di pietra, ma soprattutto d’emozioni in lei raccolte e protette da millenni. Forse è anomalo pensare che delle semplici pietre possiedano una qualche storia interiore, un loro vissuto emozionale, ma se si lasciano andare le razionalità mentali tipiche della società industrializzata e ci si permette di ascoltare ed osservare in profondità, è possibile accorgersi che quelle antiche pietre calcaree e basaltiche, bianche e nere, che fanno mostra di se nei cortili delle case Damascene o d’altri edifici, parlano in silenzio proteggendo l’osservatore da quegli influssi esterni che spesso ci allontanano dal sentire interiore.
Soffermarsi all’interno di un antico cortile o nel grande spazio aperto di una moschea lascia spesso meravigliati, le pietre della pavimentazione, calpestate per secoli da piedi scalzi di fedeli o semplici visitatori, sono divenute lucide pulite, accogliendo quel senso di purezza che per prima la pietra anche non lavorata esprime.
Forse proprio il senso di purezza e quindi di divino, traspare dalle pietre, basta recarsi, dopo un viaggio breve (circa 2 ore da Damasco) non proprio confortevole, al monastero di Deir Mar Musa El-Habashi in pieno deserto, negli anni ristrutturato completamente da Padre Paolo, ed entrare nella piccola chiesa di pietra e d’affreschi risalenti all’anno 1000, per rendersi conto come quanto prima detto, divenga realmente tangibile.
Al di là dell’aspetto religioso, che non a tutti appartiene, si è colti comunque da un senso di rispetto, di magico rapimento, vicino a quel pianto che alle volte proviene dalla meraviglia verso lo sconosciuto che si fa tangibile. L’edificio, la roccia, le pietre, gli antichi affreschi parlano al visitatore attento permettendogli di divenire esso stesso pietra angolare di una vastissima costruzione.
Così proseguendo il viaggio in vari luoghi, fra le splendide vestigia di Palmyra con i suoi 1300 metri di colonnato, dentro il grande suk coperto d’Aleppo, fra le enormi pietre del Krak des Chevaliers, nell’anfiteatro di Bosra o fra le gole di pietra del villaggio di Maalula dove ancora si parla l’aramaico, antica lingua del Cristo, s’incontrano pietre e storie ed emozioni che trattengono il visitatore attaccandosi ad esso, per non dargli la
possibilità di scordare che della pietra ognuno è una piccola infinitesimale parte.

Giuseppe Lorenzi

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