17 Settembre 2008
Friuli Venezia Giulia Pietre dell'identità Pietre d`Italia
Fior di Pesco Carnico
Cava di Fior di Pesco Carnico nel territorio di Forni Avoltri (UD).
Svariati sono i materiali lapidei da costruzione che provengono dalla Carnia. Tra i più particolari, una serie di litotipi che vanno sotto il nome commerciale di Fior di Pesco Carnico e risalgono al Devoniano. Essi sono cavati nei distretti di Forni Avoltri e Monte Croce Carnico e presentano una bella colorazione che passa dal grigio all’azzurro e, localmente, al nero, con frequenti venature bianche, rosso violacee e giallastre.
Tali marmi, perfettamente lucidabili e contraddistinti da caratteristiche fisico meccaniche particolarmente interessanti, sono l’ eccezionale risultato di un blando metamorfismo che ha interessato una piccola area montuosa a Nord di Forni Avoltri. Nonostante le ottime caratteristiche non hanno avuto la diffusione che realisticamente si sarebbero meritati o che avrebbero avuto se fossero stati estratti in aree di più facile accesso o più vicine ai centri nevralgici del trasporto.
Con il tempo però le cose sono cambiate, e migliorando le possibilità di connessione con le località anche più remote, ecco che la situazione ha agito da volano ed il Fior di Pesco Carnico, sdoganato anche fuori dell’Italia, è stato sempre più richiesto da architetti di fama mondiale per la realizzazione di progetti di grande rilevanza in tutti i continenti.
Descrizione macroscopica
Litotipo di colore tendenzialmente grigio con tonalità più o meno scure passanti ad aree di colore biancastro. Il materiale si presenta intensamente attraversato da venature di colore grigio più o meno scuro da submillimetriche a millimetriche, sempre ben serrate, da venature micrometriche ad andamento localmente stilolitico di colore giallo tenue e da sottili ed esili venature bianche, talora beanti. Tali venature tendono a presentare un andamento solitamente isoorientato. Localmente sono fettucciati rosso vinati, bianchi, grigio verdastri, e la grana è mediamente fine.
Non si evidenziano tracce di alterazione, nè porosità superficiali se non in coincidenza delle fratture che interessano localmente la roccia e che talora possono presentarsi beanti.
La roccia si riga con una lama metallica, lasciando ipotizzare una composizione mineralogica pari a 3 rispetto la scala di Mohs e reagisce intensamente in presenza di acido cloridrico lasciando supporre una composizione prevalentemente calcitica.
Aspetto del Fior di Pesco Carnico allo stereomicroscopio a 7 ingrandimenti. Il materiale, che ha una colorazione dominante grigio azzurrata, presenta venature di colore grigio più scuro, o a volte rossastre, violacee, o ancora vagamente giallastre.
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Descrizione microscopica
Litotipo cristallino i cui costituenti fondamentali sono dati da calcite e in netto subordine da minerali opachi. La struttura è eterogenea vi cui si riconoscono aree macrocristalline con individui di dimensioni anche centimetriche contrapposte ad aree microcristalline il cui aspetto è quello di una roccia sedimentaria ricristallizzata e nel cui interno si nota un isoorientamento delle strutture generate con una completa assenza di bioclasti, anche se alcuni cristalli subarrotondati potrebbero essere fatti risalire ad una qualche tipologia di fossili completamente metamorfosati.
I granuli calcitici hanno forme differenti a seconda delle aree in cui essi vengono analizzati. All’interno delle venature, ad esempio, essi si presentano equigranulari o inequigranulari, con forma subedrale o euedrale, ma con bordi piani e con giunti tripli (microstrutture tipiche del metamorfismo), localmente pecilitici. In tali aree gli individui possono avere dimensioni massime pari a 15 mm e si presentano abbondantemente intorbiditi da una minutissima microgranulazione costituita sia da opachi, sia da fasi non determinabili e sia da probabili bolle sub micrometriche. Tali individui presentano abbondanti tracce di sfaldature anche molto serrate, di colore madreperlaceo, deformate, sì da farle definire di tipo III, tipiche di ambienti deformativi con temperature maggiori di 200°C.
Le rimanenti aree della sezione sono caratterizzate da aspetto indistinto e sono costituite da microcristalli calcitici localmente alternati a cristalli con dimensioni massime pari a 1 mm generalmente allungati e isoorientati, aspetto questo compatibile con un blando metamorfismo sovrimpostosi ad un materiale micritico di ambiente marino profondo. Anche le discontinuità dall’aspetto seghettato possono essere fatte risalire a preesistenti strutture sedimentarie quali i giunti stilolitici, lungo i quali sono concentrati sia minerali opachi, che a luce riflessa possono essere individuati per microgranulazioni limoniti che, e sia micro porosità beanti.
Non sono apprezzabili tracce di bioclasti, completamente obliterate dal processo di anchimetamorfismo sovrimposto, mentre alcuni minerali rombici isodiametrici ed euedrali lasciano supporre sia presente anche rara dolomite.
In alto: aspetto del Fior di Pesco Carnico al microscopio a luce polarizzata, sezione sottile (s.s.), 2 I, N//. Si nota una tessitura assolutamente disomogenea, caratterizzata da microcristalli calcitici e da venature a granulometria leggermente maggiore. In alto a destra, i macrocristalli che possono presentarsi intorbiditi da opachi. In basso: il materiale in s.s. a 2 I, NX. Le venature che macroscopicamente risultano essere bianche, microscopicamente sono costituite da macrocristalli, parte alta della foto. La sezione è attraversata da due fratture che, a nicols incrociati, appaiono nere. Ciò è dovuto al fatto che tali fratture sono in questo caso beanti.
[photogallery]fiordipesco_album_2[/photogallery]
I minerali opachi, circa il 2% dei costituenti la roccia, sono costituiti da individui sub micrometrici prevalentemente diffusi all’interno dei cristalli calcitici di maggiori dimensioni. A luce riflessa essi possono presentare tonalità vagamente grigiastra o grigio rossastra, mentre in coincidenza delle discontinuità ad andamento stilolitico hanno una colorazione vagamente giallognola a conferma che le colorazioni macroscopiche grigie, rosso vinaccia o gialle possono essere riferite alla diversa concentrazione di differenti minerali opachi (ematite e limonite) e a probabili residui di natura carboniosa.
Discontinuità: sono frequenti e presenti con differenti modalità d’aspetto sia come pori, solitamente concentrati lungo le venature o le stiloliti, sia legate ad una condizione di isoorientazione di una parte dei costituenti il litotipo – aspetto questo che comunque caratterizza una porzione del materiale – sia per la presenza di venature anche centimetriche ricristallizzate e sia per le tracce relitte di strutture stilolitiche.
Alterazione: assente.
Definizione petrografica* (secondo EN12670): ANCHIMETAMORFITE
Fior di Pesco Carnico. Geologia
Il Fior di Pesco Carnico proviene dalla zona a nord rispetto Forni Avoltri. Parlare di questa area risulta essere sicuramente molto impegnativo in quanto la geologia della zona Carnica è, assieme a quella della Sardegna quanto di più complesso possiamo trovare in tutta Italia poichè per felicissime condizioni genetiche qui sono presenti le tracce fisiche di tutte le formazioni litiche generatesi a partire dal paleozoico fino al quaternario.
Strutturalmente la Carnia è il punto di giunzione di tre catene storicamente formatesi e succedutesi nel corso delle ere geologiche: la Catena Ercinica paleocarnica, le Alpi Meridionali orientali, e le Dinaridi esterne. A ciò va aggiunto che la geosutura della Pusteria e della Gailtal a cui si associa quella delle Giudicarie, fanno di tutta la zona ad est del lago di Garda una area a tutti gli effetti inserita in un contesto tettonico dinamico, ma mentre le varie faglie vicarianti alla Schio-Vicenza svincolano tutta l’area lessinea lasciandola praticamente indisturbata, ad oriente, nell’area friulana, le condizioni strutturali risultano essere molto più complesse e le unità stratigrafiche e strutturali alpine vengono compresse e distorte raggiungendo il massimo delle deformazioni e generando numerosi accavallamenti vergenti verso Nord.
Secondo studi di ricostruzione della struttura geologica, si ipotizza infatti una riduzione ad un terzo dell’originario spazio paleogeografico in direzione Nord-Sud rispetto la vicina area lessinea.
Da rilevamenti effettuati sembrerebbe che la zona fosse derivata da un generale sottoscorrimento del basamento verso Nord il che produrrebbe un apparente sovrascorrimento della copertura mesozoica verso sud. L’aspetto particolarmente interessante di questa regione sta nel fatto che a parte il basamento ercinico metamorfico, tutti gli affioramenti successivi, dalle epimetamorfiti alle anchimetamorfiti fin su, a tutta la successione sedimentaria che è stata intensamente tettonizzata e ripiegata ma solo raramente blandamente metamorfosata, fanno della Carnia una finestra aperta sulla storia evolutiva di quella parte di terra, con successioni e fossili che sono diventati il fulcro dell’interesse di chi studia la geologia e la paleontologia delle ere più antiche quasi sempre obliterate dalle più recenti evoluzione geologiche.
Per quanto riguarda la situazione genetica dell’area in analisi, qui si ha l’eccezionale presenza di una serie di materiali di età variabile dal Paleozoico antico al Carbonifero medio non metamorfiche o di bassissimo grado metamorfico, siltiti ed arenarie da mature a quarzitiche con spessore limitato tipiche di ambiente sublitorale piatto e con intercalazioni di conglomerati e calcareniti. Con il passaggio all’Ordoviciano-Siluriano, iniziano condizioni di trasgressione, con contemporaneo inizio di rifting, durante le quali saranno preponderanti sedimentazioni di facies carbonatiche, che potranno essere localmente alternate a brecce facilmente collegate alla attività di faglie sinsedimentarie. Al Siluriano inferiore si fa risalire la deposizione si materiale argilloso a graptoliti e, in successione, si ha il passaggio ai calcari ad Orthoceras, mentre tutta l’area iniziava a subire una fase regressiva con abbassamento dei livelli delle acque di mare.
Sopra a questi calcari e lateralmente si intuisce la complessità dei fondi marini per il passaggio ad altre fasi calcaree tipiche di ambienti differenti, da neritico a pelagico a seconda dello sviluppo delle varie sovrimposizioni di alti e bassi strutturali, collegati a condizioni di rifting su ampia scala che possono generare bacini profondi e blocchi sollevati.
Nel devoniano inferiore si sviluppano piattaforme carbonatiche affiancate ad aree più profonde, che nel Devoniano medio vengono sostituite da facies di scogliera.
Carta geologica d’Italia . Foglio 4c – 13, Cavallino – Ampezzo.
In rosso è evidenziata la zona di Forni Avoltri. Clikka sull’immagine per ingrandirla
[photogallery]fiordipesco_album_3[/photogallery]
Le cave del Fior di Pesco Carnico
Il Fior di Pesco Carnico è un materiale di chiara origine sedimentaria modificato da un blando metamorfismo. Le sue aree di affioramento sono molto limitete, essendo presente esclusivamente a Nord di Forni Avoltri, in località Pierabech, zona dove emergono calcari devoniani parzialmente ricristallizzati morfologicamente caratterizzata, come visto, dall’incontro strutturale delle terminazioni di tre catene montuose (quella ercinica Paleocarnica, le Alpi Meridionali orientali e le Dinaridi esterne) con una grande faglia strutturale (linea Pusteria Gail), antica geosutura tra la placca europea con quella africana che divide le Alpi centrali da quelle meridionali.
I terreni più antichi affiorano dalla zona Nord progradando verso Sud proprio nella catena carnica e mantenendo un andamento a fasce sub parallelo a quello della linea di geosutura, con una lunga successione di litotipi che permette di leggere tutta la successione locale a partire dall’Ordoviciano inferiore, su su fino ai materiali più recenti, prevalentemente sedimentari terrigeni, carbonatici, evaporitici e con locali prodotti vulcanici, a composizione basica e vulcanoclastiti, che dal Triassico evolvono in terrigeno tufitico e piroclastico ignimbritico. Ed un incredibile bagaglio fossile, a testimonianza di una variabilità di vita come ai nostri giorni difficilmente possiamo immaginare.
Nella successione litologica, i materiali più antichi hanno subito localmente una forma molto blanda di metamorfismo che ha solo per parte mascherato le strutture sedimentarie o i bioclasti fossiliferi, e questi materiali sono appunto quelli che provengono dalla zona settentrionale della Carnia, la zona di Forni Avoltri, dove viene estratto il pregevole Fior di Pesco, a fondo bianco, grigio, o cinereo e azzurrognolo con delicate macchie roseo violacee dovute alla presenza di pigmenti di natura ematitica manganesifera; materiale blandamente metamorfosato in cui si leggono tuttavia tracce chiare ed evidenti di strutture sedimentarie.
Litotipi geneticamente simili, anche se commercialmente differenti sono quelli che provengono da aree vicine come Sigilletto e Collina che presentano una colorazione grigio chiara o scura con venature tendenzialmente bianche.
Composizione chimica del Fior di Pesco Carnico (% in peso)
da Pieri M. (1964) – I marmi d’Italia – Hoepli ed., Milano.
I dati chimici riportati in tabella sono stati determinati su un campione proveniente da una cava presso Forni Avoltri in prossimità del confine bellunese della provincia di Udine. Il carbonato di calcio CaCO3 corrisponde al 95.10%.
Fior di Pesco Carnico, levigato e lucidato.
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Le caratteristiche fisico-meccaniche dello Fior di Pesco Carnico
Nella tabella si riportano dati tecnici di bibliografia riguardanti il materiale.
* Valori forniti dalla azienda MARGRAF S.p.A. e conformi alla attuale normativa europea vigente;
** Valori scaricati da internet e determinati secondo normativa americana ASTM;
*** Valori tratti da A.A.V.V. per I.C.E. (1982) – Marmi Italiani – F.lli Vallardi ed., Milano. Clikka sull’immagine per ingrandirla
Usi e trattamenti del materiale
Come accade per tutti i materiali estratti, anche il Fior di Pesco Carnico è fortemente radicato nella zona in cui viene cavato, e proprio in virtù della vicinanza all’area di rifornimento, nella zona cadorina esso è ed è stato utilizzato nei modi più particolari e disparati, ma la sua particolare tonalità cromatica, unitamente alle sue buone caratteristiche, hanno fatto sì che esso fosse sempre più ambìto dagli architetti per le loro realizzazioni in Italia e nel mondo.
Tra le molte qualche piccolo spunto. Nel passato, ad esempio la splendida palazzina reale affiancata alla stazione di Santa Maria Novella, del 1935, opera più celebre di Giovanni Michelucci, uno dei maggiori architetti italiani del XX secolo. A tutt’oggi lo si trova anche in prestigiosi progetti in Giappone, India, Cina. Molto apprezzato in America è stato scelto dell’architetto Cesar Pelli per la realizzazione di pavimenti e scalinate del Winter Garden di New York. O ancora, lo si trova negli ascensori dell’Empire State Building e nel Tribunale. Era punto di vanto nelle ormai tristemente famose Twin Towes, sempre a New York.
Come tutti i materiali di composizione carbonatica, il materiale presenta una resistenza ovviamente minore rispetto a quella dei graniti, anche se la sua struttura cristallina molto compatta lo rende materiale di buona gestibilità in fase di utilizzo, tanto che il Pieri medesimo, nel suo libro Marmi d’Italia scrive: “[…] Ritengo ancora almeno in buona parte provata da questa modesta indagine chimica e microscopica la resistenza dei colori di questo marmo agli agenti atmosferici, soprattutto per la presenza del manganese, poi per la minima quantità di ferro e infine per l’assenza di pirite; l’esperienza ha dimostrato che questo marmo, nonostante le sue colorazioni vivaci, resiste assai bene anche per esterni”.
Poichè di composizione calcitica il Fior di Pesco può essere corroso da sostanze acide come ad esempio anticalcari, aceto, succo di limone, o di frutta in generale, o bevande a base di cola che possono intaccarne la lucentezza. Anche se può essere macchiato da sostanze coloranti quali vino rosso, tè inchiostro, l’incidente subito tamponato dà sicuramente meno problemi rispetto ad altri materiali compositivamente uguali ma più porosi.
Per pulirlo può essere più che sufficiente l’uso di detergenti neutri.
È recente la possibilità di trattarlo con prodotti che rendono la superficie completamente resistente agli acidi per qualche ora.
I campioni di Fior di Pesco Carnico utilizzati per l’analisi petrografica sono stati gentilmente forniti da MARGRAF S.p.A.
Note
* Numero accettazione campioni 236.
1 Metodo d’analisi: EN 12407:2007 Natural stone test methods – Petrographic examination. Strumento: Stereo microscopio Olympus SZX-FOF 4J02049). Analisi effettuata su lastrine differenti di materiale tal quale. Operatore: Dr. Anna Maria Ferrari.
2 Metodo d’analisi: EN 12407:2007 Natural stone test methods – Petrographic examination. Strumento. Microscopio a luce polarizzata Olympus BX51TRF 4M23804. Analisi effettuata su 2 sezioni sottili di dimensione standard. Operatore: Dr. Anna Maria Ferrari.
Bibliografia
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22 Gennaio 2009, 16:31
carlo montani
La bibliografia deve essere integrata con la fondamentale opera pubblicata per iniziativa di Margraf, a cura di Novella Del Fabbro e Tullio Ceconi, “Storie di cave e cavatori: Il Fior di Pesco Carnico di Forni Avoltri”, pagg. 168 (Arti Grafiche Friulane, Tavagnacco, luglio 2008). Il volume è dedicato in maniera specifica a questo marmo, ai suoi uomini, ed ai suoi impieghi prestigiosi in tutto il mondo.