23 Marzo 2006
Appunti di viaggio
Visitando Il giardino Zen di Ryoan-ji
Con questa nuova rubrica vogliamo lanciare una nuova occasione di scambio-interazione con gli amici del blog_architetturadipietra.
Appunti di viaggio è un semplice resoconto emozionale dei nostri incontri con le architetture, dei nostri viaggi alla scoperta delle forme e dei materiali.
Invitiamo quindi tutti a partecipare attivamente alla nuova iniziativa, inviando i propri contributi alla redazione con un piccolo corredo fotografico.
Visitando Il giardino Zen di Ryoan-ji
Giardino Zen del monastero buddista di Ryoan-ji a Kyoto.
(fine del XV secolo inizi del XVI)
Da qualche tempo sto riflettendo, e ringrazio per questo anche lo spazio del blog, sul valore evocativo della pietra nelle applicazioni architettoniche.
La sacralità della roccia ha origine remote, la percezione mistica della materia litica è misteriosa e affascinante.
È una sensazione che sto attraversando e mi spinge ad interrogarmi sui motivi che la suscitano.
La formazione di una roccia, sedimentaria o magmatica che sia, ha in sè il germe della creazione, della durevolezza, della documentazione geologica; la roccia è una pagina scritta, una fonte indiziale; la roccia imprigiona odori remoti, anfratti misteriosi, sorprese fossili.
Le 15 pietre di Ryoan-ji non hanno peculiarità rilevanti, nessuna forma che possa intendersi zoomorfa o rappresentativa di qualche cosa, sono solamente disposte in un’armonia incantata, solamente atte ad essere contemplate senza esserne oggetto di contemplazione.
Le rocce di questo giardino Zen sono elemento veicolare alla meditazione.
Esterno del Kyoto Concert Hall, Arata Isozaki, Kyoto, 1995.
Grandi opere architettoniche hanno beneficiato della vibrazione materica della pietra quale elemento imprescindibile dell’esito finale. Voglio solo ricordare uno per tutti l’esempio, qui ampiamente citato, di Antonio Abril e la sua casa della musica a Santiago di Compostela, dove il granito Galiziano e le sue spaccature sono elemento primario del tema architettonico.
Abbiamo quindi un materiale dalle straordinarie intrinseche proprietà espressive, allusive e pregnanti, che impone un utilizzo adeguato e compiuto.
Già voi più volte avete affrontato il tema dell’uso massivo della pietra, ma non credo, come alcuni mi hanno rimproverato, che sia solo questo l’approccio ideale alla materia litica.
È la consapevolezza del valore materico della pietra che può innescare o determinare il processo creativo architettonico. Un materiale che è forma stessa, che non è fatto per essere semplicemente affettato e spalmato sulle superfici, che non è quindi prescindibile dalla forma.
Ristorante sushi Roku Roku, presso il Grand Hyatt Hotel,
Pederson Fox and Associates, Tokyo, 2003.
Ho trovato gli elementi di arredo esterno, in granito giallo, del Kyoto Concert Hall di Arata Isozaki, un motivo di continuità con la concettualità Zen della disposizione delle rocce ed anche una occasione di ammorbidimento di un involucro metallico che conferisce un impatto esterno molto austero.
Riporto anche le immagini di un ristorante sushi all’interno del Grand Hyatt Hotel di Tokyo, di cui non conosco l’architetto, ma che è stato un piacevole incontro con la cultura giapponese per le rocce.
Mi è stato utile leggere di Francois Berthier, Il Giardino Zen, Electa, Milano 2001.
Damiano Steccanella
24 Marzo 2006, 22:51
alfonso acocella
Damiano Steccanella è stato un compagno di viaggio della prim’ora del blog_architetturadipietra, fra i primi a posizionare commenti e a gettare sassi nello stagno fermo della cultura architettonica, tecnologica e produttiva italiana legata al mondo delle costruzioni di pietra . Il viaggio, ora, presegue insieme ed egli stesso ci offre lo spunto e lo stimolo ad inaugurare una nuva rubrica qual è “Appunti di viaggio”. Quel muoversi fra le pietre del mondo che volentieri intraprendiamo insieme, aspettando gli altri che nel tempo si uniranno scoprendo il piacere della scrittura, del racconto possibile fuori dagli schemi e dalle limitazioni imposte dalle redazioni chiuse (non sempre, chiaramente) delle riviste contemporanee d’architettura – cartacee o digitali poco importa -che spesso alzano muri più massivi ed inclusivi di quelli di pietra.
Il mondo della comunicazione però sta cambiando e questo è il motivo per cui abbiamo intrapreso un diverso percorso comunicativo: aperto, libero, cooperativo, partecipato e relazionale. A breve, speriamo, intercreativo e slargato per mettere progressivamente a confronto l’architettura di pietra con l’architettura più in generale approfondendo il ruolo svolto dal progetto nella società globalizzata.
Ma ritorniamo al viaggio nello spazio e ai tanti temi che pone sottolineando la problematicità del rapporto fra spazio e tempo.
Le dimensioni del viaggio, come sappiamo, sono sempre molteplici. Se ci guardiamo intorno, se ci muoviamo nell’ambiente – soprattutto in quello di pietra che vorremmo indagare – non possiamo dubitare dell’esistenza del passato giunto fino a noi attraverso corpi e forme evidenti, spesso eloquenti e monumentali, assorbite, incapsulate, nel grande palinsesto contemporaneo.
Il viaggio nello spazio fisico è sempre anche viaggio nel tempo, mai esperienza di solo presente, o solo "in nome" del presente. “Di solito immaginiamo che il trascorrere del tempo sia lineare. Immaginate una fila di persone che camminano una dietro l’altra. È evidente chi è davanti e chi è dietro a qualcun’altro. Questo è come il tempo lineare.
Ma supponiamo che la fila di persone stia camminando in un circolo. Chi ne fa parte sa chiaramente chi ha davanti e chi ha dietro. L’idea generale di un davanti e un dietro non ha più senso se si pensa a tutto il cerchio, ognuno è davanti e dietro a tutti. Viaggiare nel tempo equivale a chiudere questa linea in un circolo”. (da Lotus Navigator n. 6, 2002)