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13 Giugno 2008

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RACCONTI DI PIETRA*
Madre, Abbraccio, Casa, Forza, Silenzio, Rispetto, Bellezza, Architettura, Unicità, Patrimonio non rinnovabile

architettura1.jpg
Foto Palmalisa Zantedeschi

Architettura
Pressochè ubiquitaria, onnipresente è la roccia intorno a noi in quanto crosta terrestre e ossatura del mondo intero. Emergendo a formare rilievi montuosi, stabilizzandosi sotto le pianure, inabissandosi a creare scoscendimenti e faglie, tiene insieme ogni cosa e conferisce alla terra il suo profilo generale.
Per capire la pietra nel suo millenario rapporto con l’architettura dobbiamo innanzitutto chiederci cos’è la pietra in quanto materia della natura, e cos’è la pietra che diventa materiale per l’architettura. In particolare è importante riflettere su come ha preso avvio l’utilizzazione della pietra per le esigenze della costruzione e – soprattutto – quando le rocce, staccate dal banco di cava e sagomate secondo nette configurazioni geometriche, sono passate dall’informalità della natura agli artifici dell’Arte e dell’Architettura.
L’uomo, indubbiamente, ha iniziato a confrontarsi con l’universo litico sin dal suo primordiale essere sulla terra facendone arma, monile, strumento di lavoro, ricovero, recinto, monumento.
Sono in molti a sostenere che le origini dell’uso della pietra nelle costruzioni sia da collegare alla semplice e intuitiva pratica della raccolta dei frammenti staccatisi naturalmente dalle masse rocciose dei monti. Selezione e impiego, quindi, di pietre erratiche: macigni, massi, pietre stratificate, schegge informi a spigoli vivi, ma anche grandi e piccoli ciottoli, superfici morbide e levigate.
È la primitiva ricerca e valorizzazione delle pietre come queste si trovano sulla crosta terrestre: “brutali”, non raffinate, non configurate geometricamente dall’uomo, e tuttavia già inscritte all’interno di un progetto, di una logica costruttiva. Questi elementi litici, di dimensione e forma eterogenea, permettono la costruzione di opere rudimentali.
Siamo spesso, a partire dall’alba dell’Occidente, di fronte all’archetipo del tumulo la cui massa litica è spesso “erosa” al suo interno con grande difficoltà, per la creazione di uno spazio esistenziale di anguste dimensioni, oppositivo e contrapposto a quello offerto dalla capanna lignea.
Il permanere della pietra nella lunga durata temporale indurrà ben presto l’uomo a compiere delle valutazioni non attinenti unicamente alla sfera del funzionale, dell’utilitario. Se ogni manufatto in materiale vegetale o in argilla cruda si caratterizzerà come opera effimera, dando vita a una sorta di “installazione”, di sovrastruttura rispetto al terreno su cui sorge, la costruzione in pietra incarnerà sin dalle origini l’idea della permanenza, in stretta continuità con il suolo che l’accoglie. Si farà così apprezzare per una serie di caratteristiche derivate dal materiale stesso (massa, volume, solidità, durata), che diventeranno in architettura fattori “simbolo” della stessa idea di monumentalità.
Assistiamo allora, per la prima volta, alla Metamorfosi della materia che ci annuncia una doppia vita. Si consuma, per dirla con Henri Focillon, il divorzio tra le materie della natura e le materie dell’arte. La pietra tagliata e messa in opera è, oramai, senza rapporto con la roccia della cava. La vita stessa della materia s’e rigenerata; le superfici hanno assunto un’epidermide, una grana; il colore incapsulato nella roccia venendo alla luce si è modificato e intensificato.
La pietra è diventata Architettura.

Alfonso Acocella

Note
* Racconti di pietra, testi di Alfonso Acocella e Nicoletta Gemignani, foto di Palmalisa Zantedeschi

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