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2 Giugno 2008

Appunti di viaggio

Arcosanti, deviazione sull’Hwy 17

arcosanti_01.jpg
Edificio di accesso alla città di Arcosanti. All’interno trovano sede museo, uffici, cucina e spazi sociali.

In un caldo pomeriggio di fine estate percorrevo in auto l’Hwy 17, strada che unisce Flagstaff –piccolo paese a sud del Grand Canyon– con Phoneix –capitale dell’Arizona-, il viaggio programmato tappa per tappa in una corsa contro il tempo per poter scoprire ogni aspetto della contraddittoria west-coast americana ha disegnato una sosta inattesa.
Un grande cartello con scritta bianca su fondo blu indica Arcosanti. La Ford Taurus sul quale si viaggiava devia uscendo dall’Hwy 17 per dirigersi spinta dal vento del deserto alla scoperta della vita di Paolo Soleri, perchè Arcosanti può di fatto considerarsi la vita di Paolo Soleri.
La nostra storia dell’architettura porta poche tracce all’interno dei suoi testi dell’emozionante storia di questo importante architetto italiano emigrato negli Stati Uniti per lavorare sotto la guida del grande maestro Frank Loyd Wright che al tempo dirigeva la scuola di Taliesin.
Nel 1946, dopo la laurea ottenuta al Politecnico di Torino, Paolo Soleri decide di partire alla volta di degli Stati Uniti.
Il rapporto di lavoro nato con F.L. Wright durerà fino al 1948 quando per sopraggiunte incomprensioni con il maestro si sposterà con un collega nella Camelback Mountain, attuale centro di Scottsdale.
Il rapporto con l’Italia non è stato mai interrotto, l’attivo rapporto epistolare intercorso con la sorella gli ha permesso di partecipare senza fortuna ad alcuni concorsi nazionali. Nel 1950 con la moglie Colly torna a Torino. Vi rimane per qualche anno e la tappa più importanti che indirizza il suo cammino è il trasferimento a Vietri sul Mare dove apprende la lavorazione artistica della ceramica e dove disegna quello che oggi rimane l’unico progetto italiano: la Fabbrica artistica Solimene.
In Italia si avvicina allo studio di nuove tematiche: i potenziali cosmici, l’interesse sull’uso di fonti energetiche rinnovabili, le problematiche urbane.
Nel 1954 decide però di ritornare definitivamente con la famiglia in U.S.A. in quella che di fatto fino ad oggi rimane la sua terra: l’Arziona. In questo luogo naturale, lontano dalle urbanizzate città, Soleri da vita a quello che fino a quel momento era stato il sogno impresso nei suoi disegni: Arcosanti.
L’innata dote artistica dell’Architetto è ben rappresentata nei suoi numerosi sketchbooks e scrolls dove si nascondono sogni di una modo di vivere lontani dal comune.

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Gradinate realizzate nei tetti degli edifici per vedere nelle ore notturne il cielo stellato.

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Le sue città sono, come da lui stesso definite, delle Arcologie ovvero l’unione di ciò che è l’architettura con l’ecologia. Da tempo si era avvicinato allo studio delle problematiche urbane e dell’inquinamento del pianeta e le futuristiche parti di città schizzate su pezzi di carta sintetizzavano bene le soluzioni per risolvere queste problematiche.
Nasce così, senza un progetto unitario Arcosanti, una città costruita per parti in modo del tutto artigianale dall’Architetto stesso e dai suoi fedeli collaboratori.
L’ultima definizione su carta e modello di quello che dovrebbe essere il progetto definitivo di Arcosanti risale al 2001 dopo che le prime parti furono disegnate nei lontani anni ’70. Di fatto Arcosanti è da considerare un Laboratorio Urbano auto-finanziato nel quale ogni persona può portare il proprio contributo di crescita e di partecipazione nel credere nelle idee native della città. Sta proprio nella scarsità di risorse economiche – attualmente dipese esclusivamente dal mercato delle campane prodotte sui disegni di Soleri e dal pagamento della quota d’iscrizione ai work-shop annuali – il principale problema per i rallentamenti della costruzione di questa importante utopia.
Le architetture oggi presenti sono tutte realizzate con cemento che in alcune sue parti è stato colorato e dipinto; la morfologia dei principali corpi edilizi si basa su un sistema di absidi e semicupole emisferiche – caratteristica di molte delle architetture disegnate dall’Architetto in quanto esplorano i potenziali cosmici passivi – dove nei loro spazi trovano luogo residenze, teatri, spazi di lavoro ed incontro; fa eccezione l’edificio che ospita la cucina comune e lo spazio museale che richiama per caratteristiche la razionalità dell’architettura di Le Courbusier. L’impostazione planimetrica è fortemente legata al contesto nel quale è evidente l’attenzione rivolta: all’orientamento, alla ventilazione, al recupero di acqua piovana e all’utilizzo di energie rinnovabili; qui prende forma l’idea che l’architettura è sì una macchina per vivere ma anche una macchina per catturare energia. Così, in questo luogo fuori dal tempo Soleri tenta di dar vita ad un nuovo rapporto tra architettura, società ed ambiente; una città attenta alle esigenze dell’uomo ma sensibile verso le problematiche energetiche della Terra.
In questo pezzo di deserto avvicina la sua Italia piantando alberi di cipresso e coinvolgendo gli abitanti in festose serate nel quale egli stesso si impegna a cucinare pasta e ammirando il cielo stellato in una delle terrazze gradinate appositamente realizzate sopra i tetti degli edifici.

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Alcune campane disegnate da P. Soleri e in vendita nel museo di Arcosanti.

Passeggiando in questo luogo si calpestano frammenti di sogni che probabilmente rimarranno immagine di una città sognata e che mai sarà ultimata. Un sapere di conoscenze, di idee e sperimentazioni coltivate con l’amore di chi vive per passione in quello in cui crede, un percorso avviato nella lontana Italia del 1946 e che ancora oggi è portato avanti nel deserto dell’Arizona.

di Emanuele Piaia

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