2 Febbraio 2006
Pietre dell'identità PostScriptum
Sulle ali di Perseo (IV parte)
“Senza Titolo” 1996. Disegno di Tullio Pericoli
Bits di pietra
Il volume de L’architettura di pietra editato a fine del 2004 – posto all’origine dell’attuale svolgimento digitale del progetto culturale – è segnato, al pari della materia litica, dai tratti di corposità, di massa, di peso.
Mentre portavamo a termine la pubblicazione promossa dalla Lucense ci è apparso che nell’epoca della globalizzazione e dell’economia delle reti (con flussi di dati in perenne trasferimento assicurato dai nuovi canali comunicativi capaci di rendere veloci, istantanee e in perenne aggiornamento le informazioni, le immagini senza più alcun vincolo di spazio e di tempo) fosse necessaria una evoluzione, se non una vera e propria metamorfosi, per il nostro progetto culturale non valutato come concluso.
Avvicinare il mondo della velocità e della leggerezza comunicativa contemporanea – potente e redistributiva su scala mondiale – rispetto al più statico e pesante orizzonte dell’editoria cartacea è diventato, ad un certo punto, il nostro sogno.
Ecco allora che – già nella fase finale di chiusura del volume, prima di rilasciarlo definitivamente alla sua vita e ai suoi lettori – si “materializza” un primo evento, segnale premonitore di una futura ed allora inattesa rinascita.
Il cammino verso uno stato di smaterializzazione investe già l’atto conclusivo della produzione del libro, potendosi intendere – ex post – come segno inaugurale della metamorfosi dei modi di svolgimento del progetto culturale. La sovraccoperta candida che avvolge L’architettura di pietra è come posta a nascondere, a dissimulare la corposità del volume cartaceo; prima azione protesa ad una sostanziale sottrazione – sia pur solo illusiva – di peso.
Non casuale – allora – apparirà al lettore la riproposizione del carattere diafano della home page del weblog, porta di accesso e di transizione al nuovo spazio comunicativo di natura immateriale.
Riguardando il millennio appena conclusosi dalla prospettiva del sapere, della trasmissione della memoria attraverso tracce registrate indelebilmente su supporti fisici, possiamo rilevare come tale lunga stagione temporale abbia rappresentato l’epoca del libro.
Inaugurando il nuovo secolo, sempre più, invece, ci si interroga sulle forme attraverso cui oggi è “erogata” l’informazione, la formazione, la comunicazione; lo stesso ruolo – finora centrale – del libro è messo in discussione. La rivoluzione culturale in atto – tutta al di fuori dello spazio tradizionale della scuola, dell’Università – non è rappresentabile più attraverso il sapere dei libri o degli spazi delle biblioteche (una volta affollati e frequentati) con pile di volumi sui tavoli in attesa di essere aperti, sfogliati, letti, riprodotti o trascritti in appunti.
Sempre più, flussi di dati ed immagini scorrono velocemente ed interrottamente distribuendosi sui circuiti dei diversi canali sotto forma di bits, di impulsi elettronici senza peso e corporeità.
Nel momento in cui il settore editoriale tradizionale (insieme alla produzione intellettuale universitaria che lo alimenta, oramai sempre più stancamente, in forma puramente autoreferenziale o di “assecondamento” commerciale) rischia di avviarsi alla staticità e alla inerzia ridistributiva del sapere, ci ha affascinato l’idea di provare – attraverso un “colpo di ali” – a volare nel nuovo spazio del web.
Non una fuga, bensì il confronto con un nuovo e, per certi versi, sconosciuto medium comunicativo.
L’esperimento si lega ad un’idea di alleggerimento dei “vincoli di peso” del progetto culturale dell’architettura di pietra: vincoli autoriali (dall’autorialità individuale a quella collettiva, cooperativa), temporali (dalla temporalità lunga e lenta dell’editoria cartacea all’istantaneità e alla velocità del web), spaziali (dalla spazialità puntiforme del libro alla continuità di distribuzione e ubiquità dei contenuti in internet), produttivi (dai condizionamenti economici della proprietà editoriale alla libertà dell’autopubblicazione del weblog), di peso dell’informazione stessa (dalla materialità della carta all’immaterialità e leggerezza assoluta dei bits). In sintesi un cambio di prospettiva attraverso cui guardare il mondo (compreso l’orizzonte disciplinare specifico dell’architettura di pietra) adottando nuovi metodi di reperimento e raccolta delle informazioni, di rielaborazione e condivisione delle conoscenze, di confronto dialettico dei risultati conseguiti lungo un continuo work in progress.
La ricerca di leggerezza nello svolgere l’avanzamento del progetto culturale è per noi uno stato d’animo nuovo che poggia le sue attese più autentiche nella libertà delle idee, nella disponibilità di una spazio comunicativo espandibile (che immaginiamo illimitato), di una scrittura fluida (non risolutiva o definitiva, ma interlocutoria e dialogativa) indirizzata a raggiungere velocemente (senza limiti di spazio, di tempo, di peso) i propri interlocutori augurandosi di ricevere – di rimbalzo, dai lettori – altre posizioni, altre interlocuzioni, altre scritture sull’architettura di pietra diventata concetto e sfondo immateriale di confronto.
La solidità, la corposità, la pesantezza della materia (“litica” nel caso della realtà architettonica di pietra; “cartacea” nel caso dell’oggettualità del libro che la trasferisce su di un piano di memoria, di rappresentatività e di comunicatività) sembra d’un tratto dissolversi di fronte alla leggerezza, alla virtualità esistenziale del nuovo medium scelto per l’evoluzione del progetto culturale.
L’azione scientifca posta ad esercitarsi sul tentativo della riabilitazione e soprattutto dell’attualizzazione dello Stile litico, ricerca così i “modi” del nuovo spazio in cui si evolve la prosecuzione del viaggio; uno spazio comunicativo immateriale, per certi versi simmetrico all’incorporeità delle idee: spazio ideale, etereo, effimero, instabile, fluido, debordane, pluridirezionato, libero.
Ecco allora che la “pesantezza” della pietra viene rovesciata – anche da questa particolare prospettiva – nel suo contrario.
La leggerezza ritorna.
Alfonso Acocella
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2 Febbraio 2006, 14:06
Maria R. Perbellini
Il tema del ribaltamento del destino della materia (qui pietrosa/cartacea) trovo si possa collegare al tema del ripensamento dell’architettura nella società dell’informazione.
Noi giovani architetti ci troviamo di fronte alla necessità di reinventare e riconcettualizzare l’intera disciplina, di ricercarne l’interiorità più dinamica e flessibile. L’ubiquità e l’interattività dell’informazione, cosi come la globalizzazione suggeriscono la neutralizzazione delle distanze e la nascita di cyberspazi.
La rivolta viene dalle nozioni di tempo, velocità, movimento, flussi, dislocazione ma anche dalla dissoluzione dei confini, da nuove modalità possibili, da differenti configurazioni simultanee.
Come replicare a condizioni sociali e culturali mutanti? Che identità assumere? Abbiamo ancora bisogno di biblioteche, di librerie, di scaffali? Che cosa devo conoscere?
Ritengo sia importantissimo sapere ciò che è stato fatto prima, studiare ad es. la Laurenziana, mettere il passato vivo nel presente per meglio confrontarsi con alternative organizzazioni spaziali e superficiali, con futuri modi differenti di “contenere translibri”. Come dice Neil Denari: "Si può fare in modo che l’architettura diventi a sua volta un flusso, capace di mutare velocemente con grande precisione le proprie sorti: dallo spazio alla superficie, alla grafica, alla luce e daccapo."
Da: C. Pongratz, MR Perbellini, "Natural born CaaDesigners", Birkauser, 2000:
….Yet, the argument of the next millenium may still hinge on form versus formlessness, or what Jeff Kipnis calls "deformation" versus "information". In other words, the notion of an "intermedial architecture", which is intelligent, interactive and virtual in its organization, would pose two major trajectories. First, as Andrew Benjamin called it, there is the problem of formalism, the formal innovation emerging through progress in science and computational technology. Here, the chosen instrumentality of the design inherent computational specific generation, or specific characteristics in the generative process may lead to topological, smooth and soft systems with an emphasis on the formal assembly. However it is the organizational structure and the inherent inter-relationship between different media that accelerates the potentiality for the emergence of a differentiated reality. Secondly, another trajectory of current practice is a non-conventional otherness that redefines space through the interface of architecture and media. However it includes a heterogeneous group of approaches. These represent a search into vibrant hypermedia, or into virtual tectonics in cyberspace, into virtual textures, into our live-ness or into the flatness of corporate code-systems: all different conditions of a common dynamic convergence between architecture and media. Its technological manifestations redefine the interaction of architecture and the user through the propagation of information flows. The emanating condition is a fluid, flexible and dynamic architectural space that continuously supersedes reality. The temporality and the tendency to dematerialize emerging structures are a result of a cross penetration of multiple streams of information, energy and movement, and dominate a redefined space.
Architecture consisting of variables and virtual agents, is based on an interactivity that transforms space, time and perception….