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17 Aprile 2008

Interviste

Kazuto Kuetani: “Era solo scoppiata una bomba più potente delle altre…”

A colloquio con lo scultore giapponese autore della “Collina della Speranza”*

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Kazuto Kuetani (foto Stefano Sabella)

L’arrivo a Carrara
“Giungo a Roma all’età di 27 anni, povero e senza ispirazione per il mio lavoro. Un giorno, osservando per l’ennesima volta Piazza S. Pietro, mi chiedo da dove provengano tutti questi marmi. Recatomi a Carrara rimango folgorato dalla maestosità e dall’importanza di quanto hanno saputo fare gli uomini a Roma e la natura nel maestoso scenario delle cave. Sulle Alpi Apuane come nella città eterna percepisco le stesse sensazioni di vitalità, la stessa comunanza con la natura, la stessa ispirazione”.

L’influenza della cultura occidentale
“In Giappone lavoravo solo sulla concretezza dell’opera. In Italia ho imparato a contestualizzare la scultura in stretto riferimento allo spazio in cui essa è collocato. L’arte e le sue produzioni hanno un aspetto astratto che va oltre il mero aspetto materiale. Un’opera è completa quando interagiscono l’aspetto concreto, dato dalla materia e l’aspetto intangibile, lo spazio che ha intorno. Per questo i miei lavori spesso presentano fori e passaggi; essi sono come delle porte che mettono in comunicazione spazio e materia”.

Il rispetto e il dialogo
“Sono concetti che ho maturato quando avevo 3 anni e scoppiò la bomba atomica su Hiroshima: io mi trovavo solo a 60 km dalla città. Al momento dell’esplosione tutto cominciò a bruciare e ci rifugiammo nelle grotte delle vicine montagne. Non pensavamo ad un’arma nucleare, si diceva che si trattava di una bomba solo più potente. In questa situazione di estrema drammaticità che si è poi prolungata negli anni con le conseguenze delle radiazioni, ho capito che il rispetto e il dialogo sono le sole “armi” a cui deve ricorrere l’uomo per risolvere le proprie controversie”.

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I bambini e la scultura
“Provo un grande piacere quando vedo i bambini saltare sulle mie opere: sono fatte in modo che possano giocarci. I bambini apprendono giocando con le cose e la natura a sua volta semina la vitalità in essi. Purtroppo nel mondo di oggi è sempre più difficile giocare nella natura. Questo può farci capire perchè siano sempre di più i giovani che non riescono a comunicare adeguatamente. Mi domando se la situazione non sia tanto grave proprio perchè i bambini, non ricevendo più i semi di vitalità un tempo sparsi dalla natura, non riescono a crescere, pur dissetati e nutriti dalla società umana”.

L’incontro con Giovanni Paolo II
“Un uomo di acciaio dalla testa ai piedi:questa la sensazione al momento dell’incontro con il Papa. Emanava una grande forza, lo si sentiva anche dalla vigorosa stretta di mano. Sono rimasto molto colpito dal fatto che si è rivolto a me parlando la lingua giapponese. Un segno di grande rispetto”.

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Il Colle della Speranza
La Collina della Speranza nasce nel 1933 quando l’industriale Kokso Kosanji decide di realizzare una scultura da collocare sulla collina sovrastante un tempio fatto erigere dalla sua famiglia. L’opera diventa il punto di partenza di un progetto più ambizioso, la realizzazione di un intero colle di marmo proveniente dalle Cave di Carrara. Racconta Kuetani: “Ho utilizzato le due pietre provenienti dall’acqua e dal fuoco, due elementi vitali creati da Dio e cioè il marmo e il granito. La gente che si reca sul colle dunque ritrova pace e serenità in un ambiente che invita al gioco e alla fantasia – simbolo di unione con la natura – tutti insieme anziani, adulti e bambini.
La Hill of Hope sorge su una terra ad alto rischio sismico. Diversi gli accorgimenti tecnici adottati da Kuetani, alcuni di sua invenzione: l’inserimento di lamine di piombo di 3 mm fra i blocchi, a sua famiglia. il taglio “ondulato” delle pietre per evitare che scivolassero l’una sull’altra, l’inserimento di perni di acciaio lasciando un po’ di gioco per dare elasticità in caso di eventuali scosse. La scultura ha resistito ad un sisma del VI° grado della scala Richter, “ho visto i blocchi oscillare di 20 centimetri – racconta Kuetani – ma resistere in piedi”.

Intervista a cura di Stefano De Franceschi

Tratto da “VersiliaProduce” Anno XIV, Aprile 2008 n. 60

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