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10 Marzo 2008

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Essere fiume 1981-1995

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Essere fiume 1981-1995
“I due perfetti, totalità d’immagine, il fluido ed il solido nel lento fluire delle acque, producono scultura. La natura di un corso d’acqua, di un fiume è tale che non si può considerarla al di fuori del suo letto perchè nello scorrere ne è condizionata, caratterizzata e trae da lui molte delle sue qualità, ma a sua volta condiziona, caratterizza, configura il contenitore con la rabbia delle piene, con la quiete delle secche, con la continuità del fluire.
Ai denti puliti freschi levigati e duri della sorgente e del primo tratto di corso con violenza lambiti dalle labbra dell’acqua che invece meglio si sposano ai massi nel sordo ovattato strusciare dello stomachico letto di medio corso, sopraggiungono i tortuosi meandri il pigro sonnolento fluire intestinale dell’ultimo tratto con pietre sempre più rade, rotonde e smussate, fino a raggiungere la ghiaia, la sabbia, la fertilissima melma della sua foce.
Il fiume è dotato di una agilità meravigliosa, il suo scorrere è continuo insistente metodico tattile ed eterno.
La massa dell’acqua ci dice che scorre, fluisce, scivola ma è vero solo allo sguardo, per il terreno che tocca lo stato del fiume è ruvido, secco, scabro, difficile, duro, nervoso, lo contrae, lo urta, lo scortica.
L’urtarsi dei massi nelle piene, il continuo strusciare della sabbia sospesa, il continuo movimento delle acque sul fondale imprime il lentissimo muoversi delle grosse pietre, il lento spostarsi dei massi di media grandezza, il più veloce scorrere del pietrisco, il rapido fluire della sottile sabbia, vero fiume nel fiume. Il fiume trasporta la montagna è il veicolo della montagna. I colpi, gli urti, le violente mutilazioni prodotte dal fiume sulle pietre più grandi con l’urto dei massi più piccoli, l’insinuarsi dell’acqua nelle sottili congiunzioni, nelle crepe, staccano delle parti di roccia e sbozzano quella forma che con un continuo lavoro di piccoli e grandi colpi, leggeri passaggi di sabbia, taglienti cozzi, lento strisciare di grandi pressioni, sordi scontri, s’\ va lentamente formando e scoprendo perchè lo scopo del fiume è di rivelare l’essenza, la qualità più pura più segreta, la maggiore compattezza di ogni singola parte di pietra, forma che preesiste, è presente in tutte le pietre, ed è la qualità di ogni singola pietra.
Il fiume rivela la materia e la forma destinata a durare ed avvicina la pietra al suo stato di quiete. In lui tutte le parti prodotte minuscole o gigantesche aspirano alla stessa qualità, ubbidiscono alla stessa volontà di contenuto e forma, volontà tesa all’assoluto.
La pietra che era viva e partecipe alla grande vita del monte, al variare della sua materia, della sua struttura, staccata da esso diventa elemento morto sospeso nel tempo in attesa della sua perfezione. Il fiume con il suo lavoro è in grado di sveltire il tempo della pietra avvicinandola più rapidamente al suo stato di quiete.
Non è possibile pensare o lavorare la pietra in modo diverso dal fiume. I colpi di punta, l’unghietta, il gradino, lo scalpello, le pietre abrasive, la carta vetrata, sono tutti strumenti del fiume.
Estrarre una pietra scolpita dal fiume, andare a ritroso nel corso del fiume, scoprire il punto del monte da dove la pietra è venuta, estrarre un nuovo blocco di pietra dal monte, ripetere esattamente la pietra estratta dal fiume nel nuovo blocco
di pietra è essere fiume; produrre una pietra di pietra è scultura perfetta, rientra nella natura, è patrimonio cosmico, creazione pura, la naturalità della buona scultura la assume a valore cosmico.
È l’essere fiume la vera scultura di pietra”. 1980

La citazione è contenuta in Giuseppe Penone, “Sculture di linfa”, Milano, Electa, 2007, pp. 231

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