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8 Dicembre 2005

Interviste

Intervista a Alberto Campo Baeza

Con l’intervista ad Alberto Campo Baeza, prosegue l’editazione sul blog della serie di conversazioni con i vincitori della nona edizione del "Premio Internazionale Architetture di Pietra", conferito a Verona lo scorso 1 ottobre in occasione del 40° Marmomacc.
L’architetto spagnolo è stato premiato per gli uffici provinciali della Delegazione della Salute di Almerìa.

Davide Turrini: l’edificio per la sede andalusa del Servizio Sanitario Nazionale spagnolo si configura come un volume compatto totalmente ricoperto di pietra, sia sulle facciate che sulla copertura. La materia litica è impiegata in quest’opera, in forma di sottili lastre mobili, anche per dar vita ad un sistema di oscuramento che modula la presenza della luce negli spazi interni.
Perchè utilizzare la pietra oggi come rivestimento_schermo_diaframma, allorquando l’architettura contemporanea è sempre più caratterizzata dalla presenza di involucri perlopiù vitrei o metallici?
Alberto Campo Baeza: l’edificio nasce come ampliamento di un vecchio corpo di fabbrica di modesta qualità architettonica e, per la sua particolare collocazione, fa da sfondo ad una parte marginale della città, come un fondale teatrale.
Ho subito pensato di dover creare questa quinta che in un qualche modo vuole innalzare con la sua presenza il "tono" generale dell’intorno urbano, con una pietra della tradizione costruttiva locale.
Si tratta della lumachella, una pietra sedimentaria ricca di fossili marini, a cui ho affidato la veicolazione di una serie di valori per me molto importanti legati al genius loci, alla costruzione e alla durata dell’architettura.
Avevo bisogno di un materiale vero, solido, opaco, con intonazione cromatica e grana materica di particolare morbidezza. La materia litica era l’unica a poter garantire tutte queste qualità e allora ho scommesso sulla pietra anche per realizzare le parti mobili dell’involucro architettonico.
Così l’edificio è sobrio, a tratti radicale, è tutto di pietra e le sue caratteristiche non sono altro che quelle della pietra, non ho aggiunto nulla di più. Vetro e metallo non sarebbero stati materiali così sinceri e così generosi.


Il fronte dell’edificio per la Delegazione della Salute di Almeria (foto Fernando Alda)

D.T.: parliamo ora del processo che ha portato a progettare e a costruire questi schermi mobili in pietra.
A.C.B.: L’opera, che occupa completamente un lotto interstiziale stretto e lungo, si configura come una scatola di pietra aperta verso nord solo con sottili incisioni che danno aria e luce a piccoli vani di servizio; verso sud si aprono invece finestre più ampie, per le quali ho studiato un sistema di schermatura fatto di lastre litiche che scorrono grazie ad un giunto metallico di fissaggio e movimentazione, modulando l’illuminazione interna degli uffici.
Ho studiato autonomamente questo sistema di schermatura elaborando gli esecutivi in stretto contatto con il validissimo fabbro di Cordoba che lo ha poi realizzato.
Dopo alcuni primi disegni fatti nel mio studio, l’artigiano ha fatto una proposta migliorativa e in seguito abbiamo proceduto per correzioni successive, in un confronto progettuale caratterizzato anche da momenti di tensione. I due problemi più delicati da risolvere riguardavano l’integrazione tra pietra e sistemi di fissaggio ed il dimensionamento degli agganci metallici affinchè potessero reggere le lastre litiche.
Alla fine abbiamo raggiunto un ottimo risultato, un meccanismo efficace ed essenziale che permette alla pietra di muoversi rapidamente ed in modo estremamente preciso. La facciata è così caratterizzata dal paramento litico esterno continuo e da un piano più interno dove sono collocati gli infissi trasparenti.
Si tratta di una "facciata spessa", tra i due paramenti si trova lo spazio che accoglie le lastre litiche quando sono completamente aperte e che ospita anche armadi ed altri arredi fissi fruibili dall’interno degli uffici.


Schizzi di Alberto Campo Baeza per lo studio delle aperture del fronte principale

D.T.: ritorniamo alla pietra lumachella. Che caratteristiche ha? Dove si trovano le cave?
A.C.B.: la pietra viene estratta nei pressi di Alicante. È una bellissima pietra mediterranea, un calcare marino ricco di inclusioni fossili, di conchiglie ben visibili nella tessitura della materia litica …. e Almerìa, come Alicante, è una città di mare.
Sono molto affezionato a questa pietra, tanto presente nelle architetture di Cadice, la città da cui provengo, situata tra l’Atlantico e il Mediterraneo.


Scorcio dell’atrio d’ingresso dell’edificio di Almeria (foto Fernando Alda)

D.T.: nei tuoi progetti assegni sempre un grande valore allo studio delle qualità materiche e di illuminazione della spazialità interna. Penso a numerosi edifici, tra tutti voglio ricordare la Banca de Ahorros di Granada, in cui la forza evocativa degli spazi è straordinaria, in cui la luce proveniente dall’alto o da fonti laterali gioca un ruolo fondamentale.
Che significato hanno per Campo Baeza i concetti di massa, luce, spazio interno…?
A.C.B.: è vero, hanno un significato di grande pregnanza nella definizione della mia architettura e sono costantemente al centro della mia attenzione. Cerco sempre di realizzare spazi centrali fortemente caratterizzati dalla presenza di colonne, pilastri, muri, luci ed ombre: penso alla Banca di Granada ma anche alla Biblioteca di Alicante.
Certo non è sempre possibile realizzare opere che per dimensioni e funzione possano esplicare una così grande forza spaziale. Gli Uffici di Almerìa sono un piccolo edificio di servizio, una vera e propria "scatola funzionale", tuttavia non ho rinunciato ad uno studio attento della luce in rapporto alle qualità spaziali degli interni e ai traguardi visivi esterni.
Ho progettato un belvedere trasparente sul tetto, l’unico punto da cui si può vedere il mare e l’orizzonte.
Ho pensato al sistema di lastre litiche mobili che come delle palpebre si spalancano, si socchiudono o si possono serrare completamente, in innumerevoli gradazioni per regolare l’ingresso della luce e per guidare lo "sguardo" di chi vive gli spazi interni. Certo sarà una luce meno spettacolare, meno drammaticamente scenografica, ma rimane comunque uno dei temi fondanti del progetto.
Non dobbiamo mai dimenticare l’importanza dello stretto legame che esiste tra luce, spazio e architettura, la Storia ce lo ha insegnato e sta a noi continuare a rinsaldarlo nel progetto contemporaneo.

di Davide Turrini

(Vai a: Campo Baeza)

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