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9 Febbraio 2008

Opere di Architettura

Nuovo fornice per l’Alta Velocità, Firenzuola (Fi)
Fabrizio Rossi Prodi

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Alcune viste panoramiche del fornice

Brevi richiami al passato recente
Il tema del progetto architettonico per le infrastrutture ha vissuto in Italia il passaggio fondamentale della realizzazione dell’Autostrada del Sole a metà degli anni ’50, appassionante per le scuole di pensiero scese in campo anche per chi non sia addetto ai lavori. Molto sintetizzando e rimandando anche ad un breve fascicolo riassuntivo disponibile sugli archivi dell’Università degli Studi di Firenze in rete, ricordiamo i soli momenti salienti dell’inizio delle opere cantieristiche nel 1956 ed il pronto commento di Bruno Zevi dal suo seguìto periodico osservatorio sulle pagine dell’Espresso. “(…) Basta esaminare una decina di ponti e di viadotti per accorgersi che i progetti sono stati fatti a caso, con risultati naturalmente difformi e stridenti.
Vicino ad esempi pregevoli, troviamo una serie di strutture mediocri: il Viadotto Quercia-Setta, quello sul Rio della Serra, il viadotto Castellare, il ponte sul torrente Lora. Bruttissimi sono poi Case Olmi, Corzanello, la Cassina, Formicaio e Podere Vicchio che, per le inerti sequenze di arcate, sembrano appartenere a una civiltà ingegneresca remota, di cinquanta o cento anni fa. Nessuno si è preoccupato di garantire un minimo di coerenza figurativa e tecnica tra le varie opere d’arte. Le gallerie sono, quasi senza eccezioni, orrende, con testate mal disegnate anzi non disegnate affatto.
Le carreggiate, i ponti, i viadotti, s’imbattono in queste gallerie senza alcun raccordo formale o strutturale. Tutto ciò rivela un metodo che è insieme architettonicamente deplorevole e anti-economico (…)”
Tanto bastò a far sì che il Canton Ticino, nell’imminenza delle opere per le proprie autostrade, decidesse d’istituire la figura del consulente estetico a sorvegliare l’ottemperanza delle esigenze non meramente tecnico-funzionali nel corso delle realizzazioni delle nuove infrastrutture. Emerge così la figura di Rino Tami, già in luce per i meriti accademici e per le realizzazioni importanti in area ticinese. Egli, con i vari progettisti incaricati ai vari tratti e nelle varie fasi, s’accompagna ormai indissolubilmente al nome del ramo autostratadale N2 Chiasso-San Gottardo ponendo un precedente inevitabile, per la durata del suo impegno – dal 1963 al 1983 – e per gli assunti di base, strategicamente fissati nelle tipologia costante e nell’unico materiale.
A riprova dell’ampiezza di vedute, asseriva Tami ne L’autostrada come opera d’arte: “Questa gigantesca rete che attraversa pianure e zone montuose, frutto di un’enorme somma di sforzi tecnici, finanziari e umani, è pertanto un’opera esclusiva dei nostri tempi e, come tale, avrebbe dovuto costituire un valido imponente segno della nostra epoca, una positiva testimonianza della nostra sensibilità estetica, di rispetto del paesaggio, in una parola, della nostra effettiva maturità culturale di fronte alla prosperità”.

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Scatti sempre panoramici delle sponde contro terra

Alta velocità
La nuova occasione infrastrutturale italiana è costituita dal complesso d’opere legate all’alta velocità ferroviaria, di cui gli eventi progettuali più noti toccano le stazioni cittadine, anche assegnate a studi di risonanza internazionale. Sorte meno illuminata dai riflettori è finora toccata ai fornici delle gallerie in area montana, soggetto invece tra i caratterizzanti l’opera di Tami. Tentiamo allora un minimo risarcimento dando conto della realizzazione importante dello studio Rossi Prodi di Firenze allo snodo di Firenzuola.
Esso – vasto, esteso – gode della collocazione fortunata all’apertura di vallata ampia fra rilievi appenninici d’area toscana, in punto nodale per la rete ferroviaria non solo quale perforazione dei rialzi montuosi, ma come area strategica all’infrastruttura tutta.
L’intervento è visto qui come integrazione delle opere ingegneristiche, per le quali i cementi armati risultano ancora materia prima imprescindibile. La funzione di quest’ultimi e le loro attitudini plastiche permangono inalterate, decidendo però di ricorrervi per le porzioni d’inevitabile prestazione strutturale. Visivamente la presenza cementizia è mitigata fortemente dalla scelta d’applicazione lapidea: una selezionata gamma d’arenarie pressochè locali è deputata ad assecondare le curve in parte di scavo ed in parte naturali offerte dal sito, a mediare sia concettualmente sia fisicamente i caratteri entrambi dominanti delle presenze naturali e di quelle antropiche. La pietra quale linea di confine tra i due ambiti è dunque tema non di mero rivestimento. S’affrontano infatti dal punto di vista tecnico l’attitudine alla modellazione tridimensionale e fluida tipica dell’impasto cementizio con quella più rigidamente stereotomica dei lapidei; così come l’attitudine alla dinamica varietà ed irripetibilità esatta del mondo naturale con la necessità della produzione industriale.
Frapporre dunque tra occhio e muro di contenimento cementizio il diaframma in arenaria grigia pare riassumere la volontà d’offrire all’intervento umano, così deciso nei suoi tratti di sottrazione all’area montuosa, la possibilità d’essere percepito come meno invasivo ed anche, nella vera sostanza, più naturale. L’opera litica prende forma per posa di ordinati corsi orizzontali di conci sovrapposti a sormonto. Tali corsi orizzontali presentano un ritmo mai costante nel loro susseguirsi dal basso all’alto: essi differiscono infatti per dimensione dei conci rettangolari e quadrati, per colore dalle tonalità del grigio al bianco, per finitura superficiale liscia ed a rilievo, ed anche in alcuni tratti per lunghezza, con riferimento a quella di progetto e non già a quella obbligata dall’orografia del terreno, ora estesa teoricamente all’infinito ed ora scientemente interrotta. Pure si interviene sulle scelte di superficie quanto ad eccezionale non esatta complanarità fra conci sovrapposti, così come nella non costante profondità dei giunti fra i corsi di posa. E’ in questa ricca varietà di progetto che si coglie l’interpretazione di quella naturale del luogo, nella direzione dell’articolazione dinamica della preesistenza paesaggistica.
Stringendo di molto il campo visivo alla dimensione del dettaglio, si nota in alcune riseghe originate dai muri di contenimento e quasi impercettibili nello sguardo complessivo, come il risultato della varietà è ottenuto in spessore costante delle lastre d’arenaria. Anche si nota il preciso disegno d’elementi tecnici quali sfiati e scarichi d’acque piovane a riprova della coerenza di regia estesa anche agli elementi minuti di pura presenza funzionale.

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Uno scorcio del fianco contro l’Appennino

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Su progetto dello studio Rossi Prodi, il paramento lapideo è dunque realizzato da Il Casone di Firenzuola. La varietà dei conci che si è brevemente descritta è frutto della commistione di pietra serena e pietra di Trani, entrambe fornite in spessori di 8 cm ed in lunghezze ed altezze definite ma distinte. La superficie è parte fiammata e parte lavorata a filo sega; i bordi a loro volta sono per la metà dei pezzi sagomati con leggero smusso.

di Alberto Ferraresi

(Vai alla scheda sull’Autostrada N2 Chiasso – San Gottardo)
(Vai al sito di Fabrizio Rossi Prodi)
(Vai al sito Casone)

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