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Le cave delle Alpi Apuane: Musei di marmo


Cava a cielo aperto, Alpi Apuane
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Introduzione
Nel paesaggio urbano e conseguentemente anche nell’immaginario collettivo di questo primo scorcio di millennio, l’edificio museo ha ormai definitivamente conquistato un valore fondamentale come polo di attrazione mediatica, per forza comunicativa sostituendosi di fatto ai tradizionali e consolidati simboli costruiti del potere, trascendendo l’originale valore di contenitore culturale (Figg. 1- 3).
Proprio per queste sue inedite caratteristiche di catalizzatore di attenzione ben oltre confini geografici ristretti, rappresenta anche un momento di rivalutazione sociale e di recupero urbano, riscoprendo, valorizzando e spesso trasformando l’immagine percepita delle varie specificità territoriali e locali.
Il caso piu’evidente ed indicativo da questo punto di vista è forse quello del Guggenheim Museum di Bilbao progettato da F. O. Gehry, che ha cambiato l’appeal della città e dell’intera regione, purtroppo nota per ben altri motivi, la ha proiettata in una dimensione globale inaspettata ed insperata, producendo anche un risveglio delle energie già presenti sul territorio.
Dal punto di vista progettuale, poi, i musei sono concentrati di sperimentazione dei linguaggi compositivi e si configurano di fatto come realizzazioni di massima avanguardia.
Questo ha ormai portato all’ovvio passaggio dal ruolo di contenitore delle espressioni artistiche, a quello di opera d’arte contemporanea, indipendente e spesso anche invadente nei confronti del contenuto.
I linguaggi utilizzati presentano ampie citazioni alla pittura e alla scultura e conferiscono a questi edifici la dignità di “segni” facendoli diventare simboli di rinascimento culturale e di vitalità del territorio e della comunità che li ospitano e li promuovono.
Una potenza evocativa di una tale portata, oltretutto assolutamente politically correct per i suoi caratteri culturali, crea una vera e propria rete di percorsi, una sorta di moderni gran tour, tra le grandi capitali e le piccole province, per visitare questi luoghi di culto laico del terzo millennio, caratterizzati dalla costante incertezza del primato fra l’oggetto contenitore e quello contenuto.

I musei di marmo delle Alpi Apuane
Una tipologia particolare di spazio museale, può essere considerata quella costituita dalle cave di marmo presenti in Toscana nell’area delle Alpi Apuane (Fig. 4).
Si tratta di musei sicuramente inconsueti e non convenzionali per la progettazione, per le modalità di fruizione e di realizzazione, ma che si adattano perfettamente al loro ruolo.
Sono, infatti, segni che contraddistinguono tutto il territorio e presentano, in un panorama ambientale di assoluto rilievo ed in maniera spesso di grande impatto e estremamente suggestiva, una secolare attività profondamente legata alla cultura locale.
Lo spettacolo, spesso poco conosciuto, dell’escavazione, svolto con i suoi tempi e le sue ritualità e modificatosi nell’arco del tempo, sospeso tra moderne tecnologie ed antica sapienza, rappresenta, infatti, lo spirito del territorio, coincide con le sue fortune e le scandisce, comunicando universalmente la “cultura del lapideo”.
Le cave possiedono caratteristiche scultoree e tettoniche impressionanti e le loro forme così varie e tormentate sono realizzate dall’intervento dell’uomo (Fig. 5), ma in realtà dettate dalla natura, dalla ricerca costante delle “vene” più preziose che essa ha nascosto all’interno delle montagne piu’alte ed inaccessibili durante remoti fenomeni geologici.
Proprio per questo forse appaiono sempre ben proporzionate, affascinanti ed estremamente magnetiche: sembrano spazi progettati da una mano abile, quasi più attenta, per un occhio inesperto, al risultato scenico che a quello strettamente produttivo.
Un aspetto interessante è anche quello del sistema della viabilità di accesso alle cave, costituito dalle cosiddette “vie di arroccamento” (Fig. 6), che contribuiscono a creare il fascino di questi luoghi, come zona estrema di limite, di sfida continua fra l’uomo e la natura, oggi con le tecnologie moderne, come secoli fa con mezzi assai piu’ modesti.


Giovanni Michelucci: Progetto del Centro sperimentale del marmo dedicato a Michelangelo alla Foce di Pianza nel comune di Carrara

Questi luoghi di scontro tra l’uomo e l’ambiente naturale offrono, però, una profonda forza unita ad una altrettanto profonda armonia, come ben colse Giovanni Michelucci frequentando questo territorio (Fig. 7): “…Qui ci sono delle forme, delle forme che sbalordiscono. Inutile cercare qui le altezze, non si potrà mai competere con questo mondo (…) si farebbe una brutta figura…”.
Queste forme che sbalordiscono (Figg. 8-9), sono i giganteschi e stereometrici volumi che vengono realizzati in negativo, con il michelangiolesco “cavare” e che creano delle vere e proprie scenografie naturali.
Questa armonia fra pieni e vuoti colpisce anche perchè non è mai fissata e definitiva, ma anzi è sempre diversa da se stessa ed in divenire, come se le pesantissime quinte della scena venissero lentamente spostate ogni giorno.
Il movimento continuo e la riorganizzazione di questi candidi volumi fuori scala fanno correre il pensiero a qualcuna delle “Città Invisibili” descritte da Italo Calvino ed in particolare Tecla, che accoglie il visitatore con i suoi cantieri nei quali si lavora senza sosta all’infinito per realizzare un progetto che si può interpretare solo guardando il cielo nelle notti stellate.
La fascinazione di questi spazi, definiti da un materiale pesante per definizione, ma che appare qui estremamente leggero, è indubitabile (Fig. 10), anche per l’estrema vicinanza dalla costa tirrenica ed infatti da sempre ha stimolato artisti, fotografi e letterati, che li hanno rappresentati in vario modo.
La maggior parte delle cave sono attive, ma ce ne sono anche di dismesse, che però mantengono intatto il proprio interesse e le proprie attrattive.
Il valore di questi ambienti ha portato alla proposta di creazione di un Parco archeologico, per studiare le cave piu’antiche ed organizzarle in un percorso che ne permetta una corretta fruizione.
Il Parco comprende le tracce ed i reperti dell’attività estrattiva, dall’Antichità al Medioevo, ma anche l’insieme di testimonianze ed emergenze storiche, culturali ed ambientali, compresi i loro aspetti tecnologici e geominerari, che hanno contraddistinto le vicende estrattive, dall’età protoindustriale fino ad un passato piu’recente.
Le cave delle Alpi Apuane possono essere divise in due tipologie fondamentali, quelle realizzate a cielo aperto e quelle scavate in galleria, che presentano ognuna aspetti interessanti.

Cave a cielo aperto
Le cave a cielo aperto (Figg. 11 – 12) sono la tipologia più tradizionale ed anche quella di relativamente piu’ semplice realizzazione.
Per questo motivo le cave piu’antiche sono di questo tipo, a partire da quelle di epoca romana, come quella di Fantiscritti, oggi cava museo, che dà il nome ad un intero bacino marmifero di Carrara.
Queste cave hanno un indubitabile fascino, dovuto anche al richiamo molto forte all’architettura fortificata e si aprono come ferite sui fianchi delle montagne.
Esse presentano l’immagine piu’classica dell’attività estrattiva, ma anche notevoli problematiche di impatto ambientale.

Cave in galleria
Le cave in galleria (Figg. 13 – 14) sono la tipologia piu’recente ed interessante, anche se piu’ complessa e rappresentano una soluzione per quanto riguarda il tema della sostenibilità.
Hanno tratti in comune con le miniere, ma le tecniche estrattive sono completamente diverse e molto raffinate, per ottenere blocchi regolari che vengono tagliati e poi sfilati dalle pareti massicce all’interno delle montagne.
Le forme che risultano sono spettacolari e si aprono inaspettate nella penombra delle gallerie: volumi compatti aggettanti e vere e proprie navate, simili a quelle delle cattedrali, che rendono questi spazi magnetici, onirici ed indimenticabili.

Conclusioni
Le potenzialità museali delle cave apuane sono, quindi, tanto notevoli quanto poco considerate e sfruttate e sicuramente meriterebbero una maggiore e piu’ approfondita attenzione.
Questo modo di utilizzare le cave permetterebbe inoltre di compensare in maniera alternativa eventuali flessioni del mercato del lapideo e soprattutto di riutilizzare l’amplio patrimonio esistente di siti estrattivi dismessi (Figg. 15 – 17).
Questa ingombrante presenza sul territorio, infatti al momento non è sfruttata e sarebbe interessante renderla visitabile in sicurezza per poter osservare il fenomeno della riappropriazione del proprio territorio da parte della natura (Fig. 18).


La riappropriazione da parte della natura

Le cave, infine, ricompongono anche la citata e ricorrente dicotomia della prevalenza fra il contenitore ed il contenuto, in quanto il marmo è semplicemente l’uno e l’altro al tempo stesso.
È, infatti, il volume scavato, l’involucro dello spazio espositivo che, a cielo aperto o in galleria, racchiude ed incornicia l’attività estrattiva, ma è anche il materiale prezioso che viene tagliato ed estratto per poi essere utilizzato per realizzare opere d’arte da ospitare in altri musei o, magari, per costruirne di nuovi in tutto il mondo.

Lorenzo Secchiari (*)

(*) Relazione presentata al convegno internazionale “Museums. Merely buildings for culture?”, organizzato dal Dipartimento di Ingegneria Edile dell’Università degli Studi di Napoli Federico II dal 13 al 15 Ottobre 2005.

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