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21 Gennaio 2008

Ri_editazioni

RACCONTI DI PIETRA*
Madre, Abbraccio, Casa, Forza, Silenzio, Rispetto, Bellezza, Architettura, Unicità, Patrimonio non rinnovabile

casa_1.jpg
Foto di Palmalisa Zantedeschi

Casa
Specchio dell’anima, chiave e scrigno del nostro pensare.
Spazio esterno dell’essere, dimora fissa di mondani averi.
Sede del nostro vivere, riflesso di un fervido attuare:
luogo reale o immaginario, proiezione di illusioni e aspettative,
in cui crescono rigogliose cime verdi di speranze e fantasie.
“Venne avanti un muratore, che domandò:
“Parlaci delle case”.
E lui rispose, dicendo:
Costruitevi con la fantasia un capanno nel deserto, un rifugio in una grotta, prima di erigervi una casa entro le mura della città. Infatti, nei crepuscoli voi fate ritorno alla casa, e anche l’errante in voi, remoto e sempre solitario, ambisce questi ritorni.
La casa è il vostro più ampio corpo.
Cresce nel sole e dorme nella quiete silenziosa della notte; e non è priva di sogni. Non sogna forse la vostra casa? E sognando non abbandona la città per il bosco o la collina?
Come vorrei accogliere le vostre case nella mia mano, e come il seminatore sparpagliarle nelle foreste e sui prati.
Potessero le valli essere le vostre strade, e i verdi sentieri i vostri vicoli, così da cercarvi l’un l’altro fra i vigneti, accogliendovi a vicenda con il profumo della terra negli abiti. […]
Nella loro paura i vostri antenati vi hanno radunati troppo stretti insieme. E quella paura durerà ancora un poco. Ancora un poco le mura della vostra città separeranno i vostri focolari dai campi.
E ditemi gente, che tenete in queste case? Cos’è che proteggete con le sbarre agli usci?
Forse la pace? Il quieto desiderio che rivela in voi la forza?
Forse ricordi, questi risplendenti archi che sorreggono della mente le sommità?
Forse la bellezza, che sa condurvi dai legni e dalle pietre lavorate al sacro monte?
Ditemi, custodite tutto ciò nelle vostre case?
Oppure è solo la comodità che esse contengono, e la brama di comodità che subdola si fa ospite nella casa, e poi ne diventa la padrona e poi ancora il despota?
Sì, e con rampino e frusta vi rende i burattini dei vostri intensi desideri.
Ma voi, figli degli spazi, irrequieti nella quiete, non cederete all’ansia e non sarete domati. La vostra casa non sarà ancora un albero di nave.
Non sarà la smerigliante membrana che ricopre la ferita, ma una palpebra che protegge la pupilla. Non ripiegherete le ali per attraversare l’uscio, nè chinerete il capo per non urtare la volta, nè tratterrete il respiro temendo che ferendosi i muri crollino. Non abiterete sepolcri edificati dai morti per i viventi.
E per quanto sontuose e piene di sfarzo, le vostre case non potranno conservare il vostro segreto nè albergare le vostre aspirazioni. Poichè quel che in voi non ha confini alberga nella dimora del cielo, la cui porta è la bruma del mattino e le cui finestre sono i canti e i silenzi della notte.”1

Nicoletta Gemignani

casa_2.jpg
Foto Palmalisa Zantedeschi

(Visita il sito di Palmalisa Zantedeschi)

Note
* Racconti di pietra, testi di Alfonso Acocella e Nicoletta Gemignani, foto di Palmalisa Zantedeschi
1 Kahlil Gibran, Il Profeta (The Prophet, 1923), Verona, Demetra, 1995, pp. 53-55.

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