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Rettorato della Universidade Nova, Lisbona (1998-1999)
di Manuel e Francisco Aires Mateus*

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Veduta generale del Rettorato universitario

Due caratteristiche specifiche rendono esemplare l’opera dei fratelli Aires Mateus. La prima è legata al valore urbano dell’intervento: un’operazione insediativa molto delicata per la morfologia del luogo, per le preesistenze storiche del contesto come il Collegio dei Gesuiti e il parco di Monsanto; la seconda al ruolo istituzionale che l’edificio rappresenta per la città trattandosi del Rettorato della Universidade Nova di Lisbona.
Alto valore disciplinare assume, poi, in sè, la carica innovativa dell’opera. I volumi raccolgono lo spazio come le sculture del basco Chillida dove le incisioni nel pieno assegnano pari importanza ai vuoti rispetto alla materia che li contiene. I corpi architettonici sono chiari e ben saldi, ma anche ambivalenti e si trasformano – se traguardati da particolari angolazioni dello spazio urbano – in “fogli sottili” posti ad avvolgere lo spazio, oppure ad “aprirsi” attraverso sottili fessure. In questo quadro generale s’iscrive l’uso della pietra, l’unico materiale declinato a vista per dare carattere e permanenza a questo luogo pubblico della città.
Ad un’analisi attenta si coglie il principio che alimenta la concezione dell’intero intervento affidato alla continuità delle superfici che generano l’opera sotto due aspetti: urbano e architettonico.
Nella soluzione avanzata dai Mateus il Rettorato è un unico corpo di fabbrica (caratterizzato da un volume con spessore costante di undici metri) piegato ad L con il lato verticale alto fino alla gronda dell’adiacente Collegio dei Gesuiti e il lato corto posto a formare la piattaforma basamentale orizzontale adagiata sul terreno. Un angolo retto, chiarissimo in sezione, che ridefinisce chiaramente gli spazi esistenti e i rapporti urbani. Un unitario volume rivestito omogeneamente di pietra chiara. La forma scultorea, elementare, incastrata nel pendio, rende la nuova istituzione universitaria parte dell’orografia urbana circostante.
Il volume verticale accoglie gli uffici mentre il plateau orizzontale, che assume come copertura la piazza e come fronte la scala monumentale, contiene funzioni diversificate: ingressi, foyer, sale riunioni e sale conferenze. Al fine di mantenere la continuità spaziale fra i due corpi di fabbrica viene strutturato, nel punto di cerniera, uno spazio articolato a tutta altezza collegato allo spazio fluido del foyer al piano terra.

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La suggestiva captazione della luce zenitale

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Spazi di distribuzione interni

All’interno si riceve l’emozione di percorrere un grande spazio orizzontale che si ripiega, improvvisamente, a cambiare direzione e sviluppo per essere proiettato in alto, verso la luce fatta discendere scenograficamente dalla sommità del corpo verticale. All’esterno, l’intonazione perentoria, rende il volume verticale più leggero e maestoso allo stesso tempo legandolo indissolubilmente con quello orizzontale; il solido tridimensionale si trasforma – se guardato frontalmente dalla piazza – in “superfici bidimensionali” (in realtà spesse 45 cm) alimentate dal disegno del rivestimento litico in lastre orizzontali. Metaforicamente un unico foglio ripiegato che – agganciato al lato cieco della rampa – sale verticalmente, chiude la copertura in alto, scende (animato dai chiaroscuri degli sfondamenti parietali) fino al piano terra, continuando, poi, con la superficie del suolo, nella pavimentazione della piazza. In questo modo il foglio ripiegato, visto lateralmente, è una linea e rende il fronte della gradinata permeabile ed aperto: da un lato, il vuoto della loggia vetrata e filtrante verso l’interno; dall’altro la scalinata, “stilobate” della piazza.
La precisione geometrica dei volumi e gli effetti pieno-vuoto che ne derivano favoriscono una lettura unitaria e solida della complessità del polo universitario.
La superficie lapidea del rivestimento, ottenuto con lastre di spessore di 3 cm, è costruita attraverso un disegno tessiturale (che ricorda le pavimentazioni in pietra a correre) impostato su corsi orizzontali con altezze differenziate e giunti verticali sfalsati. Il tocco magistrale di questo intervento si condensa nelle aperture in forma di tagli praticati sulla superficie del volume emergente; le incisioni orizzontali, da parte a parte, interrompendo virtualmente il piano litico risolvono – figurativamente e funzionalmente – anche il rapporto fra parete, basamento e pavimento della piazza.

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Scorci del volume verticale che contiene gli uffici del Rettorato

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Contemporaneamente, nello spirito della continuità delle superfici, le aperture degli uffici sulla facciata prospiciente piazza sono ricavate sostituendo direttamente alcuni tratti di corsi orizzontali di pietra con lastre di vetro a filo. Nella “facciata libera” così concepita, viene abolito ogni riferimento alle strutture portanti, sapientemente poste in secondo piano, assegnando alla composizione della parete, una connotazione grafica fortemente debitoria dei “segni scuri”, di diverso spessore, che incisi sulla materia si distendono con ritmo orizzontale sul fronte respingendo ogni riferimento alla verticalità. Le aperture, di altezze diverse, sembrano appartenere alle stratificazioni litiche del rivestimento distribuite liberamente ignare l’una dell’altra. Dietro il vetro a filo, che garantisce la continuità parietale, gli imbotti delle finestre sono di metallo scuro e risultano parte integrante dell’infisso arretrato. In questo modo lo strato litico perde ogni spessore diventando “grafica pura” e felice icona dell’intervento.

Gabriele Lelli

*Il saggio è tratto dal volume di Alfonso Acocella, L’architettura di pietra, Firenze, Lucense-Alinea, 2004, pp. 624.

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