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In viaggio verso l’alabastro di Volterra


Le colline intorno a Volterra (foto: Sara Benzi)

Un viaggio alla scoperta dell’alabastro di Volterra, un materiale ed un mondo da scoprire, non da tutti conosciuto. Come procedere, il primo passo è ovvio: andare a Volterra.
In questa regione così ricca e vasta quale è la Toscana, Volterra sembra quasi isolata, dimenticata nella campagna della Val di Cecina, fra Siena e Pisa. Mi incammino, affrontando un viaggio quasi all’insegna dell’avventura. Lascio l’automobile affidandomi ai mezzi pubblici, autobus o treno? Autobus, in fondo sembra agevole, andare verso Siena, cambiare a Colle Val d’Elsa…. no, forse è meglio il treno, andare verso Pisa e cambiare a Pontedera. Parto e subito mi è chiaro che davvero Volterra è una città a sè, lontana dalle principali vie di comunicazione. Ponsacco, Lajatico, La Rosa, attraverso paesi, osservo campagne che si aprono sempre di più avvicinandosi alla meta. Colline che si susseguono, paesaggi quadrettati, terre colorate dalle mille sfumature del marrone, grigio, verde e una volta in più mi soffermo a riflettere sul colore della terra, così diverso e caratterizzante per ogni regione di questo ricco paese, l’Italia. Percepisco di non essere lontana da Siena, ma nello stesso tempo di attraversare una terra che in qualche modo se ne discosta. Inizio ad intravedere un paese arrocato su un colle, la strada sale, si avvicina in mille tornanti e arriviamo.
Ecco Volterra, sembra davvero di essere lontani da tutto. Scendo, mi fermo, mi guardo intorno: un paese di pietra che ha conservato la sua conformazione medievale, domina dall’alto distese infinite di territorio.
Decido di incamminarmi e subito capisco di essere davvero arrivata nella terra dell’alabastro che stavo cercando e che sentivo così lontana. Un’insegna di un negozio che vende oggetti in alabastro, due, tre. Continuo a camminare e riscopro la bellezza di questo luogo, l’avevo dimenticata, incantevole. Cerco di orientarmi, ambientarmi; capisco che in un modo o nell’altro, tanti hanno raggiunto questo angolo di Toscana, rendendomi conto di essere una turista fra turisti, circondata da inglesi, tedeschi, francesi.


Scultura in alabastro. Ecomuseo dell’alabastro (foto: Sara Benzi)

Arrivo in Piazza dei Priori e trovo un altro segno della presenza di questo ancestrale materiale: un’esposizione di sculture in alabastro, il risultato di un simposio di artisti venuti a Volterra da varie parti del mondo. Mi addentro e osservo da vicino queste affascinanti creazioni. I colori della pietra sono diversi, le venature e le trasparenze anche; mi metto allora a parlare con il ragazzo che vi lavora, scopro che lui stesso è scultore e pazientemente mi spiega, ha voglia di parlare della ricchezza della sua terra. Mi fa notare le differenze fra le varie pietre, mi spiega la loro provenienza ed il perchè di questo evento. Noto subito nelle sue parole un certo velo di amarezza: il simposio è una delle iniziative organizzate dal Comune di Volterra per far rinascere questo materiale, che si sta sempre più allontanando dalla realtà di questa città. Ma i negozi e le botteghe sono tanti, osservo io, arrivando a Volterra si ha subito l’impressione che sia una cittadina che vive grazie a questa pietra. Mi spiega che questi negozi sopravvivono quasi esclusivamente per il turismo, e che la maggior parte degli oggetti venduti sono frutto di un processo di lavorazione ormai industrializzato, che l’alabastro non è quasi più quello originale di Castellina Marittima, ma proviene per la maggior parte dalla Spagna, dai dintorni di Saragozza. L’estrazione dell’alabastro avviene in piccolissima parte in alcune cave nei dintorni di Volterra; la storica cava di Castellina, invece, è divenuta proprietà di una multinazionale tedesca che la utilizza per l’estrazione del gesso. La città sta provando a far riemergere le proprie potenzialità, consapevole che la ricchezza del suo territorio è ormai l’unica risorsa sulla quale puntare per far rinascere cultura ed economia; ma il percorso non è facile.
Lo saluto, continuo nella scoperta di questa cittadina e del suo materiale prezioso. Le persone sono accoglienti, sorridenti, hanno voglia di raccontare la loro realtà. Visito l’Ecomuseo dell’alabastro. Il museo è silenzioso, piccolo ma interessante, ho tutto il tempo per leggere e osservare. La ricostruzione di un’antica bottega, gli utensili per la lavorazione, pannelli, foto storiche, oggetti, sculture. Anche qui scambio due parole con il ragazzo che vi lavora. Altro tono di amarezza e perplessità! Ex studente della sezione “alabastro” dell’Istituto d’Arte di Volterra, mi spiega il funzionamento dell’ecomuseo: i percorsi sono tanti, anche fuori dalla città, verso i territori dell’escavazione, ma purtroppo i visitatori non sono numerosi. Mi chiede cosa sto cercando, gli rispondo semplicemente: conoscere questa realtà, le sue origini, la sua ricchezza, il panorama odierno, e mi dà utili consigli, botteghe da visitre, persone con le quali parlare.


Ricostruzione di un angolo di bottega. Ecomuseo dell’alabastro (foto: Sara Benzi)

Proseguo, decido di visitare anche il Museo etrusco Guarnacci, per capire meglio quanto davvero questo materiale sia radicato nella storia del territorio. Le sale presentano decine di urne cinerarie etrusche in alabastro, e capisco quanto davvero questa pietra così morbida e modellabile faccia parte di questi luoghi.
Continuo nel mio viaggio di scoperta, comincio ad addentrarmi nei negozi, nelle botteghe, in ognuno chiedo informazioni, cerco di capire, tutti sono pronti al dialogo. Mi parlano di un certo Pupo, l’artigiano più anziano: lui davvero ha visto e vissuto il cambiamento degli ultimi venti, trenta anni e ti può raccontare e spiegare. Lo cerco senza trovarlo, forse allora è in campagna, mi dicono; lo incontrerò la prossima volta. Mi addentro allora nel piccolo negozio di Alab’Arte, anche qui esterno la mia curiosità ed il proprietario inizia gentilmente a raccontarmi, invitandomi ad andare a visitare la bottega, a pochi passi di distanza: se vuoi passare, riaprirà fra poco. Vado e vi trovo la stessa persona, martello e scalpello in mano, questa volta intento a dare forma ad un pezzo di alabastro. Mi accoglie nel suo laboratorio, questo mondo innevato, bianco, quasi surreale, dove tutto sembra immobile, mi affascina. Mi addentro e osservo: ovunque sculture, modelli in gesso, strumenti per la lavorazione, pezzi di alabastro ancora da tornire, da lavorare, oggetti già pronti. La piacevole chiaccherata continua, in un tono a metà tra passione e disillusione, nelle parole la sensazione di una tradizione che sta per sfuggire al suo territorio: se non facciamo qualcosa, nessuno proseguirà il nostro cammino. Accompagnandomi nella visita attraverso la spiegazione dei modi di lavorazione, delle procedure di estrazione, delle dinamiche del commercio e del rapporto fra le diverse scuole che, pur in una realtà così piccola, esistono, l’artigiano mi permette di fotografare e mi chiede il perchè del mio interesse, contento di avere l’occasione per raccontare la storia di ciò a cui in qualche modo ha dedicato la propria vita.


Modelli in gesso (foto: Sara Benzi)

Una realtà suggestiva, pur se venata dalla malinconia di tradizioni passate, una giornata piacevole che mi ha fatto venire voglia di sporcarmi le mani con questa polvere bianca, di capire meglio la natura di questa pietra, tanto diversa ed unica. Purtroppo però è tardi e devo ripartire; Volterra mi sembra già più vicina e tornerò presto, il viaggio verso Firenze mi aspetta.

Sara Benzi

Leggi anche Pietre di Toscana. L’alabastro di Volterra
Visita l’Ecomuseo dell’alabastro

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commenti ( 4 )

30 Ottobre 2006, 16:08

Davide Turrini

grazie a Sara Benzi, ricercatrice di Storia dell’Architettura presso l’Università di Firenze, che assieme a noi si è messa sulle tracce delle Pietre di Toscana, portando il suo entusiasmo e la sua competenza ad alimentare ulteriormente la produzione dei contenuti del blog.

30 Ottobre 2006, 20:48

alfonso acocella

Soft economy ed alabastro
Riguardando il problema dell’identità del Paese dall’orizzonte del dibattito economico rileviamo l’affermarsi di nuove filosofie indirizzate a promuovere ricchezza – nell’epoca dei mercati globali sempre più omologati quanto a prodotti e servizi seriali reperibili sul mercato – a partire dalle peculiarità paesaggistiche, culturali, di produzione espresse dal territorio.
Tutelare e valorizzare il patrimonio culturale in senso lato (paesaggi, città, architetture, opere d’arte) ma anche i prodotti e manufatti di qualità, la stessa filiera enogastronomia, è oramai parte integrante di una visione e di una strategia economica in atto.
Molti voci autorevoli affermano, concordemente, che il nostro Paese potrà ancora avere un ruolo autorevole nello scenario competitivo dell’economia europea e globale solo capitalizzando coscientemente e valorizzando il patrimonio materiale ed immateriale di cui disponiamo. Un patrimonio che ci è consegnato dal passato ma che spetta a noi saperlo proiettare verso il futuro.
Si discute con una certa ricorrenza di soft economy, ovvero di un’economia che trae alimento dal territorio e dalle comunità che lo animano, dalle produzioni tipiche dei luoghi dove la messa in valore (più che la distruzione o il "congelamento") del passato ereditato passa attraverso una sua parziale messa in discussione con la discesa sul campo degli apporti di conoscenza, creatività, innovazione capaci del necessario innesto di linfa competitiva.
Il nuovo terreno della valorizzazione è quello in cui patrimonio storico e saperi tradizionali intercettano e accolgono l’innovazione nel senso più ampio del termine (culturale, comunicativa, tecnologica, produttiva o di processo).

31 Ottobre 2006, 21:44

studente di architettura

Perchè tra le “regioni di pietra” non è stata inserita la Puglia?

31 Ottobre 2006, 23:22

alfonso acocella

La Puglia di pietra sta nel nostro cuore. Lo schema pubblicato nel post è a solo titolo propositivo di un lungo percorso che intende avvicinare l’intero orizzonte delle Regioni di pietra. Speriamo che si formi una vasta comunità scientifica capace di produrre un grande “affresco” di conoscenza litica. Aspettiamo anche i tuoi contributi alla diffusione dell’idea di conivolgere chi siana disponibile a produrre conoscenza in un progetto di intelligenza colletiva attraverso una contribuzione di contenuti di natura cooperativa. Per una ripescaggio di contributi sulla Puglia (più in particolare sul Salento) ti rinvio a post contenuti nel blog http://www.architetturadipietra.it/wp/notizia.php?idnotizia=88 e poi http://www.architetturadipietra.it/wp/notizia.php?idnotizia=104.

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