La recensione di Area
Vi sono (rare) opere a stampa che, mediante un radicale allargamento dell'orizzonte informativo, accompagnato da un ben fondato riposizionamento critico portatore di un originale criterio interpretativo, assumono in poco tempo un valore collettivo epocale, al pari di un bene culturale di vivo uso quotidiano. Possono essere fulminanti saggi individuali o ben costruiti libri a più voci oppure, addirittura, semplici ma intriganti album di immagini.
Con tali opere, che all'inizio presentano anche contenuti difficili e un poco inattesi, in breve tempo si entra in confidenza: si trovano conferme di opinioni già espresse, spiegazioni di quesiti dimenticati, profonde motivazioni sulle quali, superata la fase della prima lettura, si richiede di tornare più volte, ricavandone nuovi ammaestramenti e nuove scoperte. Da quel momento tali libri iniziano ad essere le fonti necessarie per comprendere, per frammenti, il mondo; da allora in poi, solo in essi e non altrove, si trovano le prove che giustificano le più generali interpretazioni culturali che accompagnano e accomunano un'intera generazione di studiosi e di lettori.
Il nuovo contributo di seicento pagine, voluto e coordinato da Alfonso Acocella, è uno di questi libri.
La tesi, sostenuta dal corposo ma piacevole tomo, è dimostrare l'effettiva presenza, in molta nuova architettura, della cultura della pietra, accompagnata non solo dal peso di domate leggi statiche, ma irrobustita dai mille risvolti sociali che comporta la rievocazione di molte tradizioni storiche e mitologiche. Ciò si riscontra, non solo nell'ovvia fase costruttiva, ma di proposito nella stessa, razionale, consapevole e alla fin fine anche educata, lunga fase ideativa.
Forse la tesi non è nuova, ma in essa c'è quello di cui ha bisogno l'attuale generazione di committenti, ideatori e costruttori. Come si sa, è sempre stata viva, e anche aspra, una forte dialettica tra "firmitas" e "venustas", ovvero tra principi costruttivi senza tempo e contingenti esigenze estetiche. Ma, da subito, con palesi contraddizioni. A proposito del rivestimento, già in Vitruvio, nei passi iniziali del secondo libro, quasi in opposizione alle rigorose certezze dell'edificare, si affermava che l'"opus reticolatum", anche se è più instabile e più costoso, va adottato perchè è più bello. Altrettanta volontà di alta esecuzione al servizio dell'idea si evoca negli aforismi di un Loos, o, con altri accenti, si trova oggi negli scritti sulla tettonica di un Kollhoff, quando si afferma che persino i modernisti più accesi dovrebbero trovare esagerato il desiderio di astrazione, quando si tratta di distinguere un viottolo da una facciata.
Il corposo libro, che è concepito quasi come un'enciclopedia di un sapere costruttivo collettivo che data migliaia di anni, tratta per grandi temi pratici l'avventura della costruzione in pietra, dall'iniziale tracciato di un muro alla conclusiva previsione di un piano di copertura, inclinato o voltato.
Il testo è il risultato di una grande cura editoriale e di un evidente dispiego di rilevanti mezzi economici, ottenuti con una partecipazione che fa onore alla comunità culturale e produttiva della città di Lucca. Ciascuno degli esempi dimostrativi documentati, da un arco romano a un atrio dell'Eur, da Renzo Piano a Peter Zumthor, invece di una sbrigativa e consumata icona evocativa, è accompagnato da decine di elaborazioni grafiche e da ottime immagini fotografiche, tutte molto convincenti, quasi si volesse uscire dal ricorrente saggio, seguito da una raccolta di esempi, per sperimentare, invece, una sorta di moderno trattato, dove immagini e testi concorrono assieme a perfezionare una forte volontà dimostratrice. L'autore, come lo ricordano i suoi precedenti studi in particolare sul mattone e sulle tecniche costruttive antiche e moderne, non è nuovo a tali sintesi. Nel nuovo libro, un alto risultato di una ben impostata ricerca scientifica, non solo si spazia con vari approcci in un settore dalle molte implicazioni culturali ed economiche, ma si indaga, nei fatti, su un antico primato della tradizione architettonica italiana. Al di là di fredde disamine di impronta bocconiana, proprio così, nell'architettura, dovrebbe essere concepita la politica governativa per il sostegno di una via italiana all'innovazione. Assicurando palesi sostegni a quei contributi di ricerca scientifica e a quelle effettive realizzazioni edilizie di iniziativa pubblica che riescono ad aprire nuove vie per il futuro, partendo da una tranquilla e dimostrata accettazione di un passato giudicato ancora vivo e necessario.
Aldo De Poli
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