Pietre dell'identità
Omaggio al Salento. Incipit
La costa rocciosa salentina. (foto di A.Acocella)
"Nuovo del tutto - citando Francesco Rodolico dal suo pregevole libro Le pietre delle città d'Italia - il paesaggio pugliese, a chi lo guardi avendo ancora negli occhi la regione subappenninica marchigiana ed abruzzese, ovvero l'Appennino Sannitico e Lucano.
Qualora mancassero gli elementi umani, che recano dovunque il chiarissimo segno della nostra storia, si dubiterebbe di trovarsi ancora su terra italiana, e non piuttosto di là del Mediterraneo. Dalle Murge alla Penisola Salentina, tutto concorre a tale impressione: l'uniforme dominio dei motivi orizzontali, nella sequenza di piani ed altopiani appena ondulati; l'assoluto prevalere dei calcari, tra le rocce che ne costituiscono il suolo, di frequente aspro e petroso; la quasi totale scomparsa della rete idrografica superficiale, dalla destra dell'Ofanto alla sinistra del Bradano. [...] A portata di mano dovunque la pietra di Puglia, e poche regioni d'Italia, al pari di questa, ne hanno visto sì largo impiego, tanto nelle singolari fabbriche rustiche, quanto nell'edilizia e nell'architettura delle città." (1)
Infissa nel Mediterraneo, occupandone una posizione centrale, la penisola salentina - estrema propaggine, in forma di "tallone", dello stivale italiano posto a dividere il mare Adriatico dallo Ionio e dal golfo di Taranto - risente appieno, forse ancor più dei restanti territori pugliesi, dell'ambiente mediterraneo: nel clima, nella flora, nell'assetto topologico e orografico generale.
Una struttura geologica particolarmente ricca di banchi rocciosi affioranti fa sì che nel Salento sia proprio la presenza diffusa e onnipresente della pietra a tenere insieme ogni cosa, a rendere così caratteristico ed unica questa lingua di terra protesa e allungata nel cuore del Mediterraneo.
Sotto il cielo caldo e luminoso del Salento la pietra appare innanzitutto in grandi masse rocciose lungo i litorali costieri al cospetto di un mare turchino.
Verso l'interno l'altopiano salentino, invece, si presenta come una grande "spugna di pietra", poichè non ha laghi o fiumi, non trattiene l'acqua in superficie, ma la assorbe tutta nel sottosuolo.
L'andamento pianeggiante del suolo è scavato, ogni tanto, da profonde "gravine" di tufo (sedimentazione geologica molto friabile di frammenti vulcanici e di conchiglie marine) che nel tempo hanno subito una notevole erosione.
La pietra riemerge, poi, dovunque dal terreno in forma di massi tarlati e consunti dal tempo utilizzati per la formazione ininterrotta di muri a secco (che avvolgono i campi con grandi e contorte piante di ulivo) posti a disegnare, attraverso una grande maglia a scala territoriale, il paesaggio della campagna.
Muri a secco di maggiore spessore ed articolazione costruttiva danno corpo, invece, a quei particolarissimi ricoveri monocellulari, simili a piccole tholos, rappresentati dai trulli di variata dimensione e forma volumetrica.
I progenitori dei costruttori dei muri a secco e dei trulli furono certamente i Messapi che eressero mura megalitiche a difesa delle loro città e "specchie" quali strutture sepolcrali per i loro defunti. Sono questi i "muri antenati" "spesso nella più perfetta struttura isodoma a blocchi squadrati, posati a secco, orizzontalmente gli uni sugli altri) che lasciano ancora intravedere di aver posseduto un taglio netto e preciso.
Da millenni, con una tecnica appropriata al materiale impiegato che ancora non si è spenta (l'arte del paritaru), si costruiscono nella penisola salentina muri a secco di diversa natura architettonica e ruolo funzionale:
- muri bassi e muri alti;
- muri semplici e muri doppi;
- muri con pietre piccole e grandi;
- muri con pietre grezze, sfaccettate o con elementi squadrati;
- muri plebei e muri gentilizi.
Alfonso Acocella
(1) Francesco Rodolico, "L'antiappenino pugliese", p. 341, in Le pietre delle città d'Italia, Firenze, Le Monnier, 1965 (1° 1946), pp. 501.
14 Settembre 2005
Omaggio al Salento. Incipit
La costa rocciosa salentina. (foto di A.Acocella)
"Nuovo del tutto - citando Francesco Rodolico dal suo pregevole libro Le pietre delle città d'Italia - il paesaggio pugliese, a chi lo guardi avendo ancora negli occhi la regione subappenninica marchigiana ed abruzzese, ovvero l'Appennino Sannitico e Lucano.
Qualora mancassero gli elementi umani, che recano dovunque il chiarissimo segno della nostra storia, si dubiterebbe di trovarsi ancora su terra italiana, e non piuttosto di là del Mediterraneo. Dalle Murge alla Penisola Salentina, tutto concorre a tale impressione: l'uniforme dominio dei motivi orizzontali, nella sequenza di piani ed altopiani appena ondulati; l'assoluto prevalere dei calcari, tra le rocce che ne costituiscono il suolo, di frequente aspro e petroso; la quasi totale scomparsa della rete idrografica superficiale, dalla destra dell'Ofanto alla sinistra del Bradano. [...] A portata di mano dovunque la pietra di Puglia, e poche regioni d'Italia, al pari di questa, ne hanno visto sì largo impiego, tanto nelle singolari fabbriche rustiche, quanto nell'edilizia e nell'architettura delle città." (1)
Infissa nel Mediterraneo, occupandone una posizione centrale, la penisola salentina - estrema propaggine, in forma di "tallone", dello stivale italiano posto a dividere il mare Adriatico dallo Ionio e dal golfo di Taranto - risente appieno, forse ancor più dei restanti territori pugliesi, dell'ambiente mediterraneo: nel clima, nella flora, nell'assetto topologico e orografico generale.
Una struttura geologica particolarmente ricca di banchi rocciosi affioranti fa sì che nel Salento sia proprio la presenza diffusa e onnipresente della pietra a tenere insieme ogni cosa, a rendere così caratteristico ed unica questa lingua di terra protesa e allungata nel cuore del Mediterraneo.
Sotto il cielo caldo e luminoso del Salento la pietra appare innanzitutto in grandi masse rocciose lungo i litorali costieri al cospetto di un mare turchino.
Verso l'interno l'altopiano salentino, invece, si presenta come una grande "spugna di pietra", poichè non ha laghi o fiumi, non trattiene l'acqua in superficie, ma la assorbe tutta nel sottosuolo.
L'andamento pianeggiante del suolo è scavato, ogni tanto, da profonde "gravine" di tufo (sedimentazione geologica molto friabile di frammenti vulcanici e di conchiglie marine) che nel tempo hanno subito una notevole erosione.
La pietra riemerge, poi, dovunque dal terreno in forma di massi tarlati e consunti dal tempo utilizzati per la formazione ininterrotta di muri a secco (che avvolgono i campi con grandi e contorte piante di ulivo) posti a disegnare, attraverso una grande maglia a scala territoriale, il paesaggio della campagna.
Muri a secco di maggiore spessore ed articolazione costruttiva danno corpo, invece, a quei particolarissimi ricoveri monocellulari, simili a piccole tholos, rappresentati dai trulli di variata dimensione e forma volumetrica.
I progenitori dei costruttori dei muri a secco e dei trulli furono certamente i Messapi che eressero mura megalitiche a difesa delle loro città e "specchie" quali strutture sepolcrali per i loro defunti. Sono questi i "muri antenati" "spesso nella più perfetta struttura isodoma a blocchi squadrati, posati a secco, orizzontalmente gli uni sugli altri) che lasciano ancora intravedere di aver posseduto un taglio netto e preciso.
Da millenni, con una tecnica appropriata al materiale impiegato che ancora non si è spenta (l'arte del paritaru), si costruiscono nella penisola salentina muri a secco di diversa natura architettonica e ruolo funzionale:
- muri bassi e muri alti;
- muri semplici e muri doppi;
- muri con pietre piccole e grandi;
- muri con pietre grezze, sfaccettate o con elementi squadrati;
- muri plebei e muri gentilizi.
Alfonso Acocella
(1) Francesco Rodolico, "L'antiappenino pugliese", p. 341, in Le pietre delle città d'Italia, Firenze, Le Monnier, 1965 (1° 1946), pp. 501.
14 Settembre 2005
19 Settembre 2005 , 22:04 ippazio
Caro Alfonzo-
Sembra che scorra nel tuo sangue un DNA che nel Salento affonda le sue radici.
Ti sei trovato immerso i per caso in questa terra e, dall'espressione quasi poetica con cui racconti con sentimento gli aspetti salienti che la caratterizzano, mi fa quasi invidia.
Invidia perchè sembra che tu riesca facilmente a cogliere aspetti impliciti nella nostra realtà e che trovano il mio massimo assenso, in quanto condivisi.
Invece per noi si dà tutto per scontato e, senza renderci conto, molti di noi, operatori nel territorio, martoriamo questa bella realtà.
Non immagini quante spiacevoli situazioni, a tal proposito, mi tocca subire, nel vedere tatni interventi che infliggono ferite mortali a questo bel Salento, quando poi, è la natura stessa che indica la maniera saggia di intervenire en non infierire.
Ti ringrazio Alfonzo a nome della mia terra, per la tua dedizione ad esaltare un luogo che sicuramente lo merita.
Spero solo che con il nostro operare, molto spesso irrazionale, non cancelliamo quanto di bello e di meravigliso i nostri avi ci hanno tramandato.
Il mio augurio di cuore è volto alla Tua mamma, alla quale auguro ogni bene e subitanea guarigione, che sicuramente è avvenuta per la voglia di godere un figliolo meravigliso.
Un abbraccio ad Anna Maria ed ai ragazzi.
Auguo che anche il Salento possa conoscerti come tu lo conosci.
Ne troverà ampio giovamento.
Ciao