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1 Luglio 2013

Pietre Artificiali

Alle origini del mattone


Velia. Veduta del quartiere commerciale circondato da mura poderose in pietra. (A. Acocella)

Le origini d’uso di elementi in laterizio cotto per la realizzazione di murature nell’architettura mediterranea sono preromane e risultano legate ad apporti della cultura costruttiva ellenistica.
I primi esempi significativi di impiego di mattoni cotti sul territorio italiano sono rintracciabili in una serie di tombe ellenistiche di Reggio Calabria e nelle abitazioni di Velia, città di fondazione greca, intorno agli inizi del III secolo a.C.; poi nella Basilica di Pompei – costruita intorno al 120 a. C. – in cui il laterizio viene utilizzato in grandi colonne strutturali scanalate di oltre un metro di diametro.
A Velia, città greca fondata dai Focei, si deve il ritrovamento di mattoni cotti più antico, consistente ed interessante. L’importanza capitale di tale attestazione archeologica per il nostro tema, oltre che essere legata alla particolarissima morfologia e dimensione dei mattoni stessi, riguarda le modalità di impiego dei grossi laterizi.1
Rispetto alle sepolture di Reggio Calabria è evidente come i mattoni cotti a Velia non sono utilizzati in strutture ipogee poste contro terra, quali si presentano le tombe ellenistiche reggine a volta, bensì in murature fuori terra di edifici urbani; inoltre i grossi laterizi sono messi in opera utilizzando un legante (malta) posto a formare giunti di connessione fra mattone e mattone con ruolo di solidarizzazione e di strato ripartitore dei carichi della muratura stessa.
A Velia siamo di fronte a murature che per la prima volta, in ambito mediterraneo, sono realizzate a tutto spessore con impiego di mattoni monolitici di argilla cotta. Con facilità è possibile osservare, girando all’interno del sito archeologico sia nei quartieri meridionali che sull’acropoli, una notevole quantità di mattoni di inusitate dimensioni (bollati, a mezzo di lettere greche, con marchio del fabbricante e quello del controllo della qualità) impiegati in strutture a forte spessore.


Mattoni nelle diverse tipologie dimensionali (A. Acocella)

[photogallery]mattone_album_1_1[/photogallery]

I mattoni rinvenuti a Velia hanno morfologia quadrata o rettangolare di notevole altezza – simili, quanto a formato, ai primi mattoni dell’Epiro – presentando però la particolarità di incavi (singoli o doppi) nella parte centrale di una delle due facce maggiori dove sono impressi i bolli con legature di lettere quali marchi di fabbrica, tra cui DEM per demosion (pubblico) indicante la manifattura cittadina e/o la destinazione pubblica dei mattoni. Le dimensioni ricorrenti rilevate sono di 38x38x9,5 cm per i formati quadrati; 56x30x9,5 cm e 38x23x9,5 cm per quelli rettangolari.
I ritrovamenti di Velia, uniti a quelli delle altre città campane (soprattutto di quelle appartenenti alla regione vesuviana) testimoniano come l’uso dei mattoni cotti nelle città dell’Italia meridionale anticipò di qualche secolo quello di Roma ed è probabile che proprio alla cultura ellenistica trasmessasi ed evolutasi nelle colonie della Campania vada attribuito il merito della diffusione in Italia della tecnologia del laterizio cotto in ambito murario.
Il colonnato interno della Basilica di Pompei – edificio pubblico con funzione di spazio assembleare, commerciale e giudiziario – rimane dispositivo costruttivo fra i più sofisticati e poderosi, ancora ad oggi privo di confronti all’interno dei siti archeologici anche più tardi.
«I fusti scanalati – afferma Jean Pierre Adam – del colonnato centrale, alti circa 11 metri e larghi 1,06 m alla base, sono costituiti da una regolare sovrapposizione di mattoni spessi 4,5-5 cm, tagliati in modo da formare un fiore composto da un nucleo rotondo e circondato da 10 “petali” pentagonali che arrivano fino al bordo, completati da 10 segmenti a losanga che in pianta disegnano il profilo di 20 scanalature. Il dispositivo si alterna in ciascun piano di posa in modo da far incrociare i giunti, fatta eccezione del tubo centrale di mattoni cilindrici che costituisce il vero e proprio midollo della colonna; una volta terminate, le colonne venivano rivestite di stucco bianco, nel quale venivano ricavate sottili scanalature, in modo da creare l’illusione del marmo».2


Basilica di Pompei. Veduta prospettica dal fondo dell’edificio in direzione del Foro. (A. Acocella)

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Attestato in “età alta” – circa 120 a. C. – il dispositivo colonnare, soprattutto nella sua scala dimensionale davvero ragguardevole, costituisce indubbiamente un episodio eccezionale e relativamente isolato.
Queste testimonianze archeologiche – insieme a tante altre rinvenute in vari siti della Magna Grecia – confermano come le popolazioni delle città di fondazione greca a sud della penisola italiana abbiano sviluppato e sperimentato i mattoni di argilla cotta molto prima di Roma e sono poste a documentare, con certezza, il punto di partenza – gli Inizi – del costruire in laterizio. L’invenzione e l’introduzione del mattone cotto (insieme a quella del legante, in forma di malta muraria) ebbe scarse conseguenze per la civiltà ellenistica ma rappresenta sicuramente l’inizio dello sviluppo futuro raggiunto dalla grande tradizione dell’architettura di Roma.

Alfonso Acocella

Leggi anche I mattoni di Roma
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Note
1 Paolino Mingazzini, “Velia. Scavi 1927; fornace di mattoni e antichità varie” in Atti della Società Magna Grecia, 1954, pp. 21-60.
2 Jean Pierre Adam, “Colonne in muratura” p. 168, in L’arte di costruire presso i Romani, Milano, Longanesi, pp. 366.

Crediti fotografici: A. Acocella

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