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7 Maggio 2013

Design litico

Quando il design scopre lo scalpellino informatico

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Pietre luminose, Polare, Lithos Design 2013, designer Raffaello Galiotto

Ancora incerto e controverso appare il radicamento dei materiali litici nel mondo del design. Anche in tempi recenti essi sembrano scontare delle difficoltà a inserirsi in aree di mercato a questo settore dedicate e nella stessa cultura progettuale su cui si sono sviluppati il design di prodotto e di interni.
Alcuni maestri contemporanei hanno indagato negli anni ’60, ’70 e ’80 del secolo scorso questi materiali, realizzando prodotti di elevata qualità estetica con alto tasso di creatività. Ma più che una vocazione ciò è apparso come un approccio legato a brevi e circoscritte opportunità, anche se per taluni non episodiche, come se a limitare l’espandersi di quell’indirizzo di ricerca si alzassero delle barriere così ardue che anche autori assai creativi e professionalmente capaci fossero scoraggiati ad andare oltre e “depistati” verso altri materiali ritenuti più performanti.
Certo, su ciò hanno sfavorevolmente giocato condizioni strutturali e culturali di contesto. Ossia una scarsa o nulla propensione del settore produttivo lapideo, indipendentemente dal livello economico e tecnologico sviluppati dalle singole aziende, a farsi coinvolgere dal mondo del design italiano, che pure a partire dagli anni ‘60 del ‘900 viveva in Italia una fortunata e quasi incontrastata ascesa sul mercato internazionale.
Archiviata la ricca tradizione artigianale pre-moderna e i suoi sistemi di trasmissione dei saperi, il settore lapideo ha cercato per decenni di coltivare quasi esclusivamente un mercato orientato alle superfici litiche piane, orizzontali o verticali che fossero, trattate o non trattate comunque bidimensionali, prive di ogni altro valore aggiunto se non quello di essere appunto di pietra: un materiale che si riteneva potesse soddisfare “di per sé” quei contenuti di pregio e di lusso che il mercato edilizio gli aveva destinato.
D’altronde anche un certo proibizionismo, mosso da motivazioni etiche, inibiva in architetti e designer la spinta a superare quella concezione della pietra capace di fare “di per sé”, ossia andare oltre la semplice lastra tagliata, squadrata e normalizzata in pochi essenziali formati. E dunque si sono dovuti attendere alcuni lustri prima che la ricerca interrotta dei maestri trovasse un nuovo flusso di energia che permettesse di “andare oltre”. Da un lato l’immissione nel mercato di macchine di lavorazione a controllo numerico computerizzato, con applicazioni specifiche per i materiali litici, aveva indotto la maggioranza delle aziende a dotarsi di questi nuovi strumenti di trasformazione. Dall’altro la comparsa sui tavoli informatizzati degli architetti di sofisticati programmi di modellazione tridimensionale hanno aperto nuove prospettive per il progetto litico. Ma ciò che ha reso più feconde queste scoperte e ne ha consentito un utilizzo creativo è stata la possibilità di connettere il progetto digitale tridimensionale con le nuove macchine di lavorazione realizzando un circuito assai efficiente tra ideazione e oggetto finito.
In questa straordinaria prospettiva la pietra iniziava a essere vista e indagata con uno sguardo diverso. Soprattutto nell’area del design non potevano sfuggire le nuove potenzialità di immaginazione creativa nell’atto progettuale offerte dai software di ultima generazione, contemporaneamente sul piano realizzativo si andava concretizzando la possibilità di trasferire antiche abilità artigianali alle macchine e a processi industriali capaci di replicare a velocità straordinaria oggetti formalmente anche assai complessi destinati a una produzione seriale.


Materia Litica, Lithos Design, designer Raffaello Galiotto

Si è così aperta una nuova realtà nella attività litica, definita dello “scalpellino informatico”, una fase in cui anche i prodotti lapidei – che per essere eseguiti richiedevano particolari competenze manuali artigianali – possono essere concretamente inseriti in un processo di produzione totalmente robotizzata. Un terreno questo su cui si cimentava da oltre un decennio la scuola di Claudio D’Amato dell’Università di Bari, orientata alla ricerca degli elementi della costruzione stereotomica a partire dai codici classici.
Da questo contesto prende le mosse il percorso litico di Raffaello Galiotto.
Sostenuto da una solida formazione maturata nell’industrial design egli intuisce precocemente i vantaggi di un trasferimento sui materiali lapidei del know-how metodologico e tecnologico fornito da quella disciplina. Non si tratta soltanto di allargare il campo di applicazione delle macchine informatizzate a un ambito di prestazioni ben più vasto e aperto rispetto a quel limitatissimo uso che normalmente se ne fa nei laboratori di trasformazione, quanto soprattutto di indagare le potenzialità latenti dei materiali litici sotto l’azione precisa del lavoro delle macchine stesse.
Ben diverso infatti è l’esito della incisione in profondità di uno stesso pattern sulla superficie di pietre o marmi di differente composizione petrografica. Su alcuni litotipi la fedeltà dell’esecuzione in termini di texture e precisione calligrafica può essere assai aderente al progetto, su altri invece il margine di imprecisione può produrre effetti non controllati che alterano il senso dell’opera; in altri casi ancora un’eventuale alterazione non voluta potrebbe invece imprimere impreviste qualità tattili sulla superficie litica. Analogo ragionamento va fatto per le macchine, anch’esse strumenti in fase evolutiva, da cui si può ottenere – modificando l’applicazione di utensili – effetti assai diversi, per cui alla fine lo “scalpellino informatico” agisce come il suo antenato manuale.


Drappi di pietra, Tulle, Lithos Design, designer Raffaello Galiotto

Attraverso l’interazione di tecniche e saperi nuovi, sempre più il designer prende nelle proprie mani il controllo diretto di tutte le operazioni necessarie alla realizzazione di un prodotto.
È chiaro però che l’esito formale finale non si ottiene sul tavolo di studio ma necessita di un accumulo di esperienze tecniche e creative sul campo che richiedono la creazione di un nuovo profilo disciplinare.
È in questa direzione che Raffaello Galiotto ha lavorato nell’ultimo lustro della sua attività di designer. Fondamentale per lo sviluppo del suo percorso è stato il radicamento in un’area di produzione litica, la Valle del Chiampo, un sito di antica tradizione artigianale del settore ma con una significativa presenza di imprenditori che hanno saputo reagire alla crisi degli ultimi anni puntando sull’innovazione e la ricerca.
Dalla prima esperienza di modellazione litica, che vede coinvolto un consorzio di aziende della Valle e che ha come tema la rielaborazione della grande cultura veneta del passato, Galiotto prende lo spunto per dispiegare un programma assai efficiente di strategia comunicativa sulle nuove potenzialità offerte dalla progettazione digitale integrata alle macchine a controllo numerico.
Le due mostre “Palladio e il design litico” del 2008 e “I marmi del Doge” del 2009 si rivolgono infatti prima di tutto ai produttori stessi che possono così sperimentare in concreto un nuovo e insospettato livello tecnologico di trasformazione dei loro prodotti. In secondo luogo propongono oggetti di alta qualità che forniscono alle aziende l’opportunità di presentarsi sul mercato internazionale con un catalogo assolutamente inedito e innovativo, ma contemporaneamente ispirato alla prestigiosa cultura classica del territorio veneto. Un’operazione quindi di innovazione e marketing che costituisce una solida base per una estensione sempre più pregnante del percorso di ricerca del suo autore.
A partire da queste esperienze l’esuberante creatività di Raffaello Galiotto si allarga in più direzioni, sperimentando con singole aziende, tra le quali in particolare Lithos Design, cicli di opere e prodotti in cui si fondono arte, design e architettura.
La mostra “Luce e Materia” (Marmomacc, 2011) e le collezioni realizzate con Lithos Design “Le Pietre Incise”, “Luxury”, “Muri di Pietra” e la più recente “Drappi di Pietra”, rappresentano altrettante tappe di un vasto programma che procede per nuclei tematici di ricerca aventi come contenuto il rivestimento modulare, la tridimensionalità, la leggerezza e l’impalpabilità, la traslucenza, la riflessione speculare, la massività stereotomica. La loro declinazione attraverso i diversi materiali litici sembra tracciare l’inizio di numerosi percorsi da riprendere, esplorare, approfondire. Tra questi uno dei più affascinanti è rappresentato dal cambio di scala dell’oggetto, ossia quel passaggio cruciale “dall’architettura del piccolo alla dimensione architettonica” a cui prima o dopo tutti i designer pervengono, e che anche Galiotto sembra si stia attrezzando ad affrontare.

Vincenzo Pavan

Il presente saggio è tratto dal volume Raffaello Galiotto. Design digitale e materialità litica, di Veronica Dal Buono, Melfi, Librìa, 2012.
Sempre su Architetturadipietra.it, è ri-editato l’intero volume in forma progressiva.

Vai al saggio precedente.

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