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Ci sono…

tasso

Ci sono….
Ci sono luoghi dove nessuna agenzia turistica potrà mai accompagnarvi;
dove il tempo che scorre si cristallizza in un eterno presente;
dove il silenzio ingigantisce i pochi e ancestrali rumori che da troppo tempo noi abbiamo già scordato;
dove il buio è totale, assoluto, ma anche una flebile fiammella basta per farti sentire protetto e sicuro;
dove, anche se in compagnia, in realtà sei solo. Solo davanti ai tuoi limiti, alle tue paure e alla tua capacità di sopportare tensioni e stanchezza.

Dite che non esiste? No, no, esiste, eccome! E molto più vicino di quanto non possiate immaginare…
Per adesso ve ne presentiamo uno, ma non è detto che non possiate godere con noi di questi posti fantastici…
(Anna Maria Ferrari – GeoLab TENAX)           logo_tenax


Spluga del Tasso: un viaggio nel Rosso Verona

(A. Cuccato, A.M. Ferrari , D. J. Hosking del GASV)

Venerdì 19 agosto 1966, il signor Giuseppe Scala, abitante di Porcino piccolo paese che dà sul vajo del Tasso, ai piedi del Monte Baldo nel Veronese, si affacciò alla finestra. Era ormai da molto che pioveva, e sembrava che ora il tempo desse una tregua.
Decise quindi di uscire per andare a lavorare e si incamminò verso il suo podere passando dal piccolo vajo vicino a casa dove si aspettava di vedere un torrente in piena (in realtà ne sentiva anche il frastuono)….Gli piaceva vedere l’acqua scorrere anche se, come tutti i montanari, la temeva….
Stranamente però, nel torrente non c’era l’acqua. Perchè? E dove era? Doveva esserci…., non poteva non esserci….! Decise così di risalire il greto del torrente che “orpo” (tipica espressione di perplessità baldense) era tristemente e stranamente secco.

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L’ingresso a pozzo posizionato proprio sul greto del torrente Tasso.
La fessura iniziale. Sul fondo il materiale detritico che deve essere ancora estratto.

Dopo circa 300 metri rimase stupito: un fiume d’acqua si inabissava ai piedi di una briglia (la quarta a partire dal ponte, per essere precisi) e scompariva nelle viscere della terra. Non sapeva proprio che pesci pigliare e cosa pensare: proprio quella mattina c’era stata una scossa di terremoto, l’aveva sentita chiaramente anche lui: che fosse stata quella la causa di quell’incredibile evento? Corse ad avvisare tutte le persone che conosceva, e ben presto cominciò l’afflusso, una vera e propria peregrinazione di persone che venivano a vedere “il buso” che si beveva tutta l’acqua del torrente che nasceva nella sinclinale del Baldo. Erano così in tanti quelli che arrivavano, che all’inizio di quel piccolo paese di quattro anime si dovette mettere un grosso cartello con le indicazioni per raggiungere il buco del Tasso. Faceva impressione, ma nessuno aveva il coraggio di entrarci.
La voce si sparse in un battibaleno e ben presto tra quelle persone arrivarono anche alcuni speleologi con un geologo per vedere se si poteva comunque entrarvi per capire la situazione: la cosa era particolarmente succulenta, bisognava andare a vedere dove finiva tutta quell’acqua!
Dopo aver aspettato che la grande fiumana finisse, si attrezzarono ed entrarono in quella che da quel momento sarebbe stata chiamata “Spluga” del Tasso, scendendo nella grotta fino ad una profondità rilevata di circa 50 metri per uno sviluppo di 230 metri circa.

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Con il materiale detritico ancora presente, l’accesso alla grotta viene fatto strisciando sul soffitto.
Passata la fessura, all’interno della Spluga del Tasso. Per terra le ultime propaggini dei detriti che provengono dall’esterno. Altri detriti incoerenti si trovano nella parte finale della grotta rilevata.

Rilevarono circa 10 metri di inghiottitoio iniziale che dà su una galleria la quale si sviluppa completamente nel rosso ammonitico, e che alla fine si restringe fino a formare uno stupendo ponte naturale in selce. La grotta portava ancora i segni dell’enorme quantità di acqua e fango inghiottiti: pareti, ponte e in alcuni punti anche volta superiore completamente rivestiti da fango, e proprio sul fango che incrostava il ponte essi vergarono la sigla del loro gruppo speleologico, S.A.N. (Società Amici della Natura), come per prendere possesso di quella grotta in attesa delle successive esplorazioni.
Però il diavolo fa le pentole ma non i coperchi e loro, purtroppo, non avevano fatto i conti con il clima: dopo qualche settimana si rimise a piovere e in quell’anno di straordinaria acqua alta a Venezia e di catastrofiche inondazioni a Firenze anche il Tasso subì gli effetti di quella eccezionalità metrologica. Dal Baldo fu trascinata nel vajo una enorme quantità di detrito che tappò completamente e letteralmente la grotta, che a quel punto ritornò nell’oblio.
Passarono mesi ed anni, quaranta per la precisione, e della grotta venne dimenticato il punto di accesso, anche se in più riprese altri speleologi si misero a cercarlo ma senza successo. Della cavità, però c’era un rilievo ed una descrizione, anzi un articolo su un giornale veronese, che beffardi continuavano ad attirare inutilmente l’attenzione.

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Concrezioni sul soffitto.
La condotta.

Fu nel 2004 che David John Hosking, inglese trapiantato ai piedi del Baldo, geologo e speleologo, stanco di sentir parlare al passato di questa grotta decise di raccogliere la sfida e di cercarla, anzi di ritrovarla.
Si mise a chiedere informazioni, ma ovviamente i testimoni di quell’eccezionale evento avvenuto 40 anni prima ricordavano vagamente punti differenti nel torrente, e furono fatti più tentativi prima di ritrovare effettivamente l’ubicazione esatta dell’inghiottitoio. Che ovviamente era ancora rigorosamente ancora tappato.
Nel novembre del 2004 David ed Alfonsina decisero di passare all’attacco, e armati di un badile, con i piedi in ammollo in quel filo di acqua che correva sul letto del torrente decisero di provare a scavare in quello che secondo loro era il punto più logico per l’esistenza di un inghiottitoio. E fu proprio così, per quel famoso colpo di fortuna che inizia per “C”, che dopo qualche ora l’acqua sparì con un gorgoglio cristallino verso il basso. Trovato!!! Ora “bastava” costruire un pozzo per la messa in sicura dell’ingresso e scavare ed estrarre tutto il materiale che chiudeva la spluga. Ci si è dati da fare, quindi, coinvolgendo gli speleologi del Gruppo Speleologico Veronese e il Gruppo Speleologico Mantovano per circa quattro mesi durante tutti i fine settimana e qualche volta anche di giorno lavorativo, arrivando ad estrarre migliaia di secchi di ghiaia, fino a che il 25 di aprile 2005 (ironica coincidenza: giorno della liberazione dagli scavi), la grotta venne riaperta.

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Un banco di selce nera e rossa fessurata e con intercalazioni argillose, dello spessore di oltre due metri che qui fanno da fianco della grotta.
Le pareti sono completamente rivestite dal fango abbandonato in seguito alla decantazione delle acque di inondamento della cavità.

Che emozione rivedere quel ponte, e quella sigla ancora perfetta dopo 40 anni di buio e silenzio!
Fuori pioveva e Monica agitata continuava ad urlare che l’acqua saliva: bisognava uscire anche perchè non ci si fidava poi molto a rimanere lì dentro visti i precedenti….
Si ritornò comunque ad esplorare per circa due settimane continuando nel frattempo a mettere in sicurezza l’entrata della Spluga del Tasso, ma il diavolo di cui sopra ci rimise lo zampino ed una nuova pioggia torrenziale richiuse per l’ennesima volta la grotta. Non c’era più molta voglia di passare lì i fine settimana a scavare, e se quello doveva essere il destino della grotta, cioè di essere abbandonata, vabbè, che lo fosse! Ma per ironia della sorte una nuova piena del torrente lavorò per il gruppo e portò all’interno tutto il materiale che faceva da tappo riaprendo in maniera definitiva la cavità.
L’esplorazione, che finalmente poteva riprendere tranquillamente, ha portato a raddoppiare lo sviluppo della grotta che attualmente è di 466metri e con un dislivello di 70 metri, dei quali circa 180 agevolmente percorribili in posizione eretta, mentre buona parte dei rimanenti risultano essere impegnativi e talvolta molto, ma molto stretti.

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Sviluppo della condotta.
Anche in questa parte di grotta le pareti sono rivestite da fango. Il soffitto della condotta è costituito dal letto di una bancata del rosso ammonitico.

Inutile dire quanto è stato importante per noi speleologi riaprire e rivivere questa cavità dopo 40 anni di oblio, ma la cosa più bella è l’interesse e le attività che stanno nascendo attorno a questo luogo: nuovi sentieri ben segnalati e molto apprezzati dal punto di vista naturalistico; la grotta è sempre più spesso visitata sia da speleologi, e non manca l’organizzazione di visite guidate, almeno nella parte iniziale più semplice della grotta, a gruppi di appassionati del Baldo e della montagna. Senza contare che nel mese di maggio si terrà il Baldo Festival Scienze, un convegno di quattro giorni dove saranno trattati argomenti scientifici inerenti il Baldo, la biodiversità e, poichè questo è il suo anno, l’acqua. E proprio in questa cornice scientifica il gruppo GASV accompagnerà i partecipanti di questo convegno proprio dentro la Spluga del Tasso, per far vedere come l’acqua sia così importante per la vita, l’oblio e la rinascita di una grotta, che da “grotta dimenticata” sta diventando una grotta molto frequentata.

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Il ponte in selce rivestito dal fango con la scritta SAN, vecchia ormai più di 40 anni.
L’illuminazione anche retrostante, consente di apprezzare il lieve sviluppo del piccolo ponte naturale formato da alcuni strati di selce.
Sviluppo della grotta verso la parte più estrema della galleria.

[videointervista]07_int_tasso.swf[/videointervista]

Legenda:
Vajo= termine veronese che sta ad indicare una piccola valle incisa con torrente
Buso= buco.

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