12 Febbraio 2013
Design litico
Ornamento litico contemporaneo (seconda parte)*
Raffaello Galiotto per Lithos Design, Drappi di Pietra, Ottoman
Gli utensili tecnologici di recentissima generazione, quasi come elementi somatici artificiali posti a complemento delle prefigurazioni della mente ideatrice, sono usati con raffinatezza singolare e creano una netta distinzione nella qualità dei prodotti rispetto a molti di quelli provenienti dal severo e più tradizionale contesto industriale della lavorazione del marmo, settore spesso caratterizzato dalle produzioni di serie ripetute invariate nel tempo.
Interrogati nelle loro peculiarità e versatilità, gli strumenti vengono spinti al limite delle loro possibilità. Macchine dal tocco intelligente, come mani di scultore mai stanco, lasciano sulla materia litica prima una traccia bidimensionale e poi, sempre più decisamente, si spingono a creare il tratto glifico sulla superficie. Ed è il lavoro di erosione superficiale a fissare prima l’abbozzo poi l’aspetto finale degli oggetti, fondendo assetti materici, geometrici, finanche comunicativi, del tutto nuovi.
Le pietre così ornate di geometrie percettive, visive e tattili insieme, invitano alla possibilità di un’esperienza fisica e, attraverso l’espressione estetica, le avvolgono di significati che vanno oltre la funzionalità di semplici superfici. Il richiamo che esercitano ai sensi conferisce loro espressività e suggestione attrattiva.
Soffermarsi ad osservarle è esperienza sensoriale e insieme invito alla riflessione su di un tema sempre latente, legato al senso delle forme e alla natura del design: il concetto di “ornamento”.
Non si intende in questa sede ricreare una microstoria dell’ornamentazione ne affrontare criticamente le posizioni che molteplici autori1 hanno tenuto sull’argomento; ciò che si ritiene interessante è piuttosto la messa in gioco di alcuni termini tra loro concatenati nel senso e nell’evocazione, per poter leggere con adeguati strumenti la ricerca di Raffaello Galiotto e saperla posizionare opportunamente tra le tendenze progettuali del presente.
Ragionando su “ornamento” e “decorazione”, piuttosto che pensare che affermazione e negazione di questi concetti si muovano secondo lo schema dei corsi e ricorsi storici, troviamo sia più adeguato leggere la presenza o assenza di ornamentazione come caratteri che convivono dialetticamente e contestualmente anche in epoche dominate da tendenze linguistiche e formali omogenee e conformanti, presentandosi con congenita duplicità, se non di pluralità.
Così al riduzionismo – all’eliminazione del “superfluo”, dell’artificio e del colore – si affiancano momenti di recupero della figurazione, di valorizzazione del dettaglio, di virtuosismo delle forme, dei cromatismi.
Coesistono accanto ai “minimalismi” ricerche in cui il linguaggio si avvicina a strategie figurative diverse, dove la complessità ricercata di linee, curve, pieghe della materia si fa valore, cifra progettuale.
Raffaello Galiotto per Lithos Design, Le Pietre Incise, Seta
Vorremmo qui indagare i concetti di “figurazione”, “rivestimento”, “ornamento”, ipotizzandoli come possibili temi radicati nella natura concettuale e culturale del progetto capaci di orientare il designer lungo il tragitto stesso della sua personale ricerca.
La negazione, l’elisione, l’astinenza dalla lavorazione “ornata” delle superfici litiche, condurrebbe a pensare che la sola “funzione” sia capace di conferire significato profondo alla forma, prevalendo su di essa in uno sbilanciato dualismo. Eppure, ove la funzione fosse in grado di far nascere da sola la configurazione formale attraverso un processo di logica necessità, il progetto si risolverebbe in un paradosso, nella perdita di carattere dell’epidermide esterna e nell’azzeramento della qualificazione, per l’appunto, “ornamentale”.
L’ornamento, invece, ci piace sostenere essere elemento non secondario rispetto alla creazione bensì “necessario”. È “progetto” esso stesso, e conduce alla scoperta, al disvelamento della forma.
Ma l’accezione del termine “ornamento”, così intimamente adiacente ai concetti di “decorazione” (e spesso di “rivestimento”) è mutata nel tempo.
All’inizio del XX secolo la complessa gestione dei cicli industriali ha senza dubbio condotto il design sulla strada delle forme semplici e lineari, più facili da prodursi, innescando i diversi “purismi” del Moderno. Eppure la questione dell’ornamento, mossa da forze e pulsioni interne alla stessa materia, riemerge con insospettabile vitalità.
Il riferimento interpretativo attraverso il quale procedere per dar corpo alla riflessione viene da un pensatore di lontane origini – Ananda K. Coomaraswamy – tra i più grandi studiosi dei rapporti tra sapienza simbolica dell’Oriente e cultura occidentale, la cui distanza critica può aiutarci a comprendere gli scopi originari dell’ornamentazione, a interpretarne il concetto.
Nel saggio L’ornamento2, Coomaraswamy investiga la complessità del termine e lo riconduce alla sua natura archetipica.
Scendendo alle radici, la parola “ornamento” risulta etimologicamente legata ai termini latini ordo e ordinatio (con molta verosimiglianza è “ordinare” sincopato in ord’nare) e al corrispondente greco kósmos.
Il primo significato è quello di “ordine”, con riferimento sia alla disposizione di ciascuna cosa nell’appropriata posizione, sia al ben più ampio “ordine del mondo”; in secondo luogo, ordine è sinonimo proprio di “ornamento”, abbellimento di persone, di animali, di spazi, attributo del linguaggio (in retorica l’ornatus).
Così come kosmetikós significa “abile nel porre ordine”, Kosmopoiesis è l’ornamentazione architettonica, dalla quale la denominazione di “ordini” architettonici. Proprio attraverso l’ornamento e le sue potenzialità materiche, l’architettura classica ha raggiunto il massimo livello di armonia e perfezione stilistica; non elemento superfluo ma fattore integrante di armonizzazione tra arte e tecnologia, elemento di connessione tra forma e significato, tra funzione e senso delle cose.
Citando Coomaraswamy:
«(…) se oggi il mondo si va sempre più svuotando di significato, ci è ancor più difficile credere che l’ornamento e la “decorazione” siano, propriamente parlando, fattori integranti della bellezza dell’opera d’arte: non parti in-significanti di essa bensì elementi necessari alla sua efficacia»3.
Qui l’espressione “opera d’arte” può facilmente essere trasformata in “oggetto industriale”, pensando ad un contesto dove attività figurativa e definizione formale-realizzativa, abbiano un chiaro legame con la produzione di artefatti, siano essi opere esclusive quanto prodotte in serie.
Ritornando alle origini, l’ornamentazione era necessaria alla compiutezza delle forme; significava fare in modo che l’oggetto o anche la persona, caricati di valori semantici, potessero adempiere alla loro funzione convenientemente, con efficacia ed influenza.
Nell’uso moderno il termine si è spostato ad indicare perlopiù un valore estetico superfluo, non essenziale, qualcosa di pleonastico e talora “lussuoso” aggiunto all’oggetto d’uso e come tale da cancellare per riportarne alla luce la purezza originaria.
Tuttavia, se osserviamo l’esperienza dell’atelier creativo di Galiotto inquadrando il prodotto di design litico come esito di un processo, la connotazione pratica dell’ornamento mette in subordine la componente estetica.
Raffaello Galiotto per Lithos Design, Le Pietre Incise Curve Luce, Seta
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Riconoscendo come la combinabilità fluida di “Pietre Incise” sia evoluta nel progetto “Materia Litica”, trasformandosi in blocchi di grande spessore, per ritornare poi alla leggerezza plastica della collezione “Drappi”, possiamo comprendere come l’ornamento creato dalle linee – siano esse estensione di un profilo o intersezioni estreme di un intreccio – non sia altro che l’espressione di una logica seriale di produzione industriale necessaria al raggiungimento della configurazione formale.
La linea, la curva e la piega della materia consentono di esplorare i linguaggi espressivi propri del materiale litico. Intelligenza creativa, conoscenza delle tecniche produttive ed eloquenza delle superfici ornate ci sembrano quindi indissolubilmente legate nell’attività di Raffaello Galiotto e Lithos Design, quasi a centrare appieno l’appello lanciato, in conclusione de L’ornamento, da Coomaraswamy:
«(…) suggeriamo al designer che, se ogni buon ornamento aveva in origine un senso necessario, egli forse farebbe meglio a partire da un significato che vuole comunicare piuttosto che dall’intenzione di piacere»4.
Nuance, Vello, Lithos Design in collaborazione con Il Casone
Note
1 Si innesta proprio su questo tema la discussione che diede vita alla “Arti applicate all’industria”, per fondare poi il “Disegno industriale” nell’accezione contemporanea. Grandi nomi del pensiero si sono susseguiti nella riflessione. Non citando gli Antichi e i lavori di alcuni pionieri (quali Quatrèmere de Quincy e Karl Bötticher), il tema dell’ornamento può dirsi esser stato alimentato proprio in avvio della modernità da Gottfried Semper, nella teorizzazione sull’origine tessile dell’architettura, (Gottfried Semper, Die vier Elemente der Baukunst, 1851) e quindi aver animato le appassionate teorizzazioni di Alois Riegl, di Adolf Loos, di Otto Wagner e di H. Petrus Berlage, di Georg Simmel. Proseguendo nel tempo, l’elenco dei pensatori raggiungerebbe l’oggi, offrendo “ornamento” e “decorazione” all’analisi critica del presente in modo non radicalmente diverso (se non per le strumentazioni tecnologiche) dalle origini delle discipline progettuali.
2 Ananda Kentish Coomaraswamy, L’ornamento, p. 187-200, in Il grande brivido. Saggi di simbolica e arte, Milano, Adelphi Edizioni, 1987, pp. 532 (ed. or. Selected Papers. Traditional Art and Symbolism, Princeton University Press, 1977).
Con immensa erudizione il pensatore e storico singalese (Ceylon 1877 – Massachusettes 1947) ha indagato, riportandosi alle radici, il pensiero, il rito, la simbolica delle arti compiendo una incomparabile e illuminate fusione tra Oriente e Occidente.
Pubblica il saggio The Ornament in The Art Bulletin – College Art Association of America n. 21 nel 1939.
3 Ananda Kentish Coomaraswamy, L’ornamento, p. 188, in Il grande brivido. Saggi di simbolica e arte, Milano, Adelphi Edizioni, 1987, pp. 532.
4 Ananda Kentish Coomaraswamy, L’ornamento, p. 200, in Il grande brivido. Saggi di simbolica e arte, Milano, Adelphi Edizioni, 1987, pp. 532.
* Il presente saggio è tratto dal volume Veronica Dal Buono, Raffaello Galiotto. Design digitale e materialità litica, Melfi, Librìa, 2012.
Sempre su Architetturadipietra.it, verrà ri-editato l’intero volume in forma progressiva nel corso delle prossime settimane.