12 Aprile 2011
Opere di Architettura
Casa Miggiano a Otranto
di Umberto Riva
Dettaglio della facciata della casa
«Non ho idee progettuali a priori; l’idea nasce sempre da suggestioni: un paesaggio, il rapporto con una persona. Non calo l’architettura in un luogo; è il luogo che mi dice cosa fare. (…) Quando ho costruito Casa Miggiano, mi è capitato che qualcuno mi dicesse: “Questa casa è strana, non si capisce cosa ricordi”. Io speravo mi dicessero che, a suo modo, ricorda una masseria pugliese; sarebbe stato il migliore dei complimenti. Ho sempre guardato con attenzione le masserie, gli stazzi; sono edifici in cui non esiste una netta distinzione tra l’abitare dentro e l’abitare fuori. C’è una oculatezza nel progettare le aperture, nel dosare l’intensità e la qualità della luce; una capacità di lasciare risuonare all’interno della densità luminosa esterna»1.
Nel Salento, dove roccia e mare sono presenze costanti del paesaggio, Umberto Riva realizza alla metà degli anni ‘90 questa piccola casa, un volume elementare spaccato sul fronte dall’incunearsi di una corte a pianta ogivale che apre la vista alle lontananze del Golfo di Otranto.
Piante e sezioni longitudinali di Casa Miggiano
Numerose sono le suggestioni tratte dalla tradizione architettonica pugliese: il tema della corte interesterna scavata nel corpo compatto dell’edificio; il disegno del giardino chiuso da muretti e sopraelevato rispetto alla quota del pergolato d’ingresso; le coperture a terrazze piane e l’uso dei materiali lapidei locali.
Grazie al tufo salentino, facilmente lavorabile con semplici utensili da falegname, Riva può dar corpo ad una scatola muraria portante di matrice cubica, ammorbidita nella sua solidità da angoli mai perfettamente retti e incisa da incavi dove le ombre si insinuano, quasi a testimoniare che l’assolutezza stereometrica non è l’affermazione fondante del progetto. È ancora il tufo, ridotto in polvere e mescolato a calce ed ossidi secondo la consuetudine delle maestranze locali, a conferire agli intonaci stesi su tutti i prospetti quella pastosità materica e cromatica che sola si adatta all’intensa luce mediterranea.
Vista della casa e del pergolato d’ingresso
Alla tradizione del luogo si riferisce anche l’impiego decorativo della pietra leccese con la sua grana frequentemente punteggiata da fossili affioranti. Tale materiale litico, in forma di liste sottili o lastre di dimensioni maggiori, commenta i volumi della casa sottolineandone gli spigoli, le linee di raccordo tra piani verticali e orizzontali, e rivestendo in parte la facciata principale. Si tratta dello stesso calcare argilloso di colore paglierino utilizzato nei tetti piani lastricati tipici della zona.
Nella Casa Miggiano queste coperture orizzontali praticabili rimangono a prescindere dalla mancanza delle tradizionali strutture voltate sottostanti. Umberto Riva mantiene tali superfici piatte e sfalsate su quote diverse per dar vita ad un sistema di terrazze e camere senza soffitto in cui il volume architettonico si sfrangia, come se fosse incompiuto, perdendosi nell’azzurro del cielo.
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Note
1 Vitangelo Ardito, Giovanni Leoni (a cura di), “Progettare è servire. Conversazione con Umberto Riva”, Area n.52, 2000, pp. 106-113.