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12 Aprile 2010

Letture

Architettura e Modernità. Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica

architettura_modernita

“Architettura e Modernità. Dal Bauhaus alla rivoluzione informatica”
Antonino Saggio
Carocci, Roma 2010
467 pagine, ill. b/n,
prezzo: 43,70 €
testo in italiano

Il testo di taglio saggistico “Architettura e Modernità”, dell’architetto e professore Antonino Saggio, è un intenso viaggio negli ultimi 90 anni della nostra storia, di cui l’autore registra con sguardo puntuale e obiettivo la complessità e i meccanismi di trasformazione, segnalandone le intrinseche lacerazioni ma anche gli slanci vitali, rivelandone le ragioni epocali e gli obiettivi cruciali che da sempre trovano chiara forma espressiva nello strumento illuminante e rivelatore dell’architettura.
Il libro si articola in otto grandi capitoli, secondo un’impostazione di tipo cronologico: gli anni della macchina (1919-1929); l’era dell’individualità (1929 – 1939); la ricostruzione del significato (1945- 1956); gli anni del Big Bang (1957 – 1966); gli anni del linguaggio (1968 – 1977); gli anni dei contesti e dei palinsesti (1978 – 1987); il successo dell’architettura nel mondo (1988 – 2000); la rivoluzione informatica (dopo il 2001).
Di ciascuna di queste fasi storiografiche viene proposta una lettura critica per quanto concerne gli aspetti dell’espressività progettuale dall’architettura all’urbanistica, supportata anche da brevi esplorazioni nel mondo contestuale dell’arte, della filosofia, della politica e dell’economia.
La straordinaria portata rivoluzionaria dell’età della macchina ha prodotto negli anni ’20 del secolo scorso uno sbalorditivo mutamento nelle coscienze: la caduta dell’ ”aura” baudeleraiana ha stravolto la sensibilità artistica, dapprima ispirata ai valori di unicità e irripetibilità dell’ideazione, piegandola definitivamente ai nuovi paradigmi della produttività seriale e industrializzata, della responsabilità sociale e della coerenza funzionale, della razionalità delle forme e dell’oggettività dei processi, dell’impegno costante e quasi ossessivo a riqualificare e migliorare gli standards della vita umana: in soli sei anni, dal 1923 al 1929, il Bauhaus, il genio di Le Corbusier e i tanti diversi contributi dei protagonisti della cultura di quel tempo (Mendelsohn, Mies van der Rohe,…) hanno prepotentemente rifondato le basi del pensiero moderno che tanto ha condizionato le esperienze successive.
Negli anni ‘30 è venuto il tempo dell’ ”individualità”, animato dall’anelito di alcuni grandi intellettuali, al di là delle intrinseche diversità, a coniugare le rivoluzionarie conquiste della Avanguardie e, oltreoceano, dell’International Style, con una vocazione più personale, poetica e “geograficamente specifica” del fare architettura (Aalto, Terragni, Wright).
Gli anni ’40 e ’50 hanno visto il fragoroso dissolversi dei sogni spezzati dallo stridore della guerra, lo squarcio sanguinoso delle città e delle anime da cui è sprigionata l’ ansia insopprimibile a ricostruire, a ricominciare e ripensare nuovi valori e significati. Così è venuta l’epoca della pianificazione urbanistica e il tema dell’architettura come “necessità” per una migliore qualità del convivere: i grandi interventi urbani, dall’Unité d’Habitation al Brutalismo smithsoniano ma anche l’esigenza di un’architettura “istituzionale”, intesa come atto sociale e collettivo, interprete dei bisogni primari e inalienabili dell’uomo (Kahn), sono solo alcune delle riflessioni di questi anni.
Il periodo tra la fine degli anni ’50 e ’60 è quello che l’autore definisce del Big Bang, ovvero il tempo della frammentazione culturale, del libero e divertito assemblaggio delle forme, del collage, dell’esaltazione dell’eccentricità e dell’ottimismo fiducioso della cultura pop. Ma sono anche gli anni di una riscoperta del valore storico del contesto (Gardella, BBPR, Zevi,…) così come di una nuova crisi della città, re-interpretata attraverso i modelli delle “macrostrutture” (Tange, Quaroni, Gregotti, Fiorentino,..) e attraverso le valutazioni sul “tessuto” come trama di relazioni sociali, storiche e culturali tra l’individuo e l’ambiente (Lynch, Atelier 5, Sauer,…).
Negli anni ’70 la parola chiave è “libertà”, celebrata attraverso alcune “esplosive” esperienze di metamorfosi della facies dell’architettura ispirate a un ritorno alla figurazione contro l’astrazione e tradotte dapprima nell’ high tech (Piano, Rogers,…) poi nel postmoderno (Rossi, Stern, Graves, Moore,..) ma anche nell’avvento di un forte spirito di “partecipazione” degli utenti nel processo progettuale (Kroll, De Carlo, Erskine,…).
Negli anni ’80 si profila una nuova presa di coscienza dei limiti dello spazio e delle risorse del pianeta, con la conseguente necessità di una progettazione più responsabile in termini ambientali, e si forma una più attenta sensibilità dei confronti del contesto. Da qui le esperienze di “archeologia contemporanea” (sul fronte italiano, Anselmi, Purini, Portoghesi, Valle, …) ma anche la scoperta della forte carica ispiratrice propria del tessuto paesaggistico e naturale (Hadid).
Con la fine degli anni ’80, in particolare modo con il crollo del muro di Berlino (1989), e nel corso degli anni ’90, il mondo si apre a una nuova stagione storica: l’apertura dei confini, la globalizzazione, l’avvento di nuove tecnologie dell’informazione portano alla disarmante coscienza della velocità del cambiamento in atto. Sono gli anni del decostruttivismo, che pone l’accento su una nuova visione compositiva tesa a sovvertire la norma classica e convenzionale attraverso uno sguardo imprevedibile e ricco di tensioni, di dinamismo, di possibilità (Eisenmann, Libeskind) ma sono anche gli anni di un’architettura che “informa”, entrando a fare parte del grande meccanismo semantico della comunicazione contemporanea, attraverso una rappresentatività multisensoriale ed evocativa (Herzog & De Meuron, Nouvel) o una dichiarazione programmatica e propagandistica di forme e contenuti (Gehry).
Infine, con il 2001, con l’orrore del World Trade Center si apre il nuovo secolo sotto l’egida di incombenti paure ma anche di nuove prospettive, all’insegna del più straordinario motore di cambiamento dai tempi della rivoluzione industriale: la rivoluzione informatica, che detiene un’ impressionante potenza in termini di controllo non solo della comunicazione e dell’informazione ma anche della stessa vita umana. La pelle digitalizzata dell’architettura (Herzog & De Meuron, Miralles – Tagliabue, Nouvel, van Berkel,…), la modellazione plastica e la fluidità delle forme (Foster, Gehry,…), l’interattività sensoriale tra oggetto architettonico e mondo esterno (Ito, Deller & Scofidio,…) ma anche un nuovo, doveroso impegno in termini di eco-sostenibilità rivelano la congerie di spunti, riflessioni e vocazioni di una contemporaneità tanto più complessa e straziata da crisi economiche a scala planetaria e domestica quanto più portatrice di infinite possibilità: il patrimonio scientifico e tecnologico del nostro tempo adombra infatti uno straordinario potenziale che, se ben declinato, ha in sé il germe per la fondazione di un futuro di fiducia e ottimismo perché, come dice positivamente l’autore, “è servito forse andare sulla luna per ritrovare il senno”.
Le dense pagine di questo testo, punteggiate da un conciso ma efficace apparato iconografico e permeate da una narrazione fluida e agevole, sono un contributo molto utile per tutti coloro che, animati da curiosità intellettuale, tentano di sondare al di là degli stili e di fuorvianti apparenze le trame celate negli anni convulsi della contemporaneità e delle pregresse epoche storiche perché, sempre citando l’autore, “la storia non è un problema di “stile”. E’ un “a priori”, congenito e atavico”, e conoscere il proprio passato sembra l’unico modo per porsi in modo critico e consapevole nei confronti di un presente controverso e di un futuro incerto.

di Chiara Testoni

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