5 Ottobre 2009
Opere di Architettura
Piazza Castello a Castel Rozzone, Bergamo
Gualtiero Oberti e Attilio Stocchi
Una veduta a volo d’uccello della piazza.
Galaverna
Le scorribande sanguinarie dei Rozzone nel bergamasco si sono scontrate – e concluse – con la dura offensiva attuata dai Visconti, persa malamente dai locali nel 1386. Lance ed alabarde dei cavalieri sono oggi come trattenute sul campo di battaglia, a futura memoria. La prima asta conficcata con forza nel terreno ha mandato in frantumi lo strato ghiacciato superficiale, appunto la galaverna del mattino, scatenando la reazione a catena che ha segnato ed increspato il calpestio. É accaduto contemporaneamente lo stesso con le altre 42 lance, alte 8 metri, che si contano sull’area. Come le traiettorie su di un biliardo, la frattura al suolo è allora rimbalzata via via contro le bordure dello spazio pubblico, tracciando secche, inedite geometrie lineari sul rettangolo di base. Il piano di piazza Castello a Castel Rozzone non è del resto perfettamente orizzontale: questa sorta di nastro o tessuto pieghettato risale occasionalmente e costituisce un bacino d’acqua lungo circa 15 metri, quasi un abbeveratoio per i cavalli sfiniti dalla contesa. Del resto i colpi inferti dai soldati a cavallo, con le loro lance, al terreno, sono stati tali da produrre lievi ribassamenti – dunque anche compluvi – piccoli crateri e smottamenti, che ancor più lasciano traccia dell’animosità della battaglia.
Le gesta della famiglia di fazione ghibellina, rimasta nei nomi dei luoghi, unitamente al repertorio visivo delle medievali cronache pittoriche d’eventi bellici a firma di Paolo Uccello, hanno costituito per Oberti e Stocchi pretesto di progetto. A completare questa sorta di figura retorica (pretesto-contesto) di cui s’avvalgono i due progettisti specialmente nelle occasioni pubbliche (si veda l’intervento alla piazza Cardinale Angelo Maj a Schilpario), il contesto è costituito questa volta da un intorno senza edifici di particolari qualità, dalla condizione climatica e dalla posizione geografica cui si legano le gelate mattutine, e forse anche dalla direzione indicata dall’amministrazione locale in favore di sistemi di piazze. Sono, queste, ottenute nell’unico campo visivo, tramite i 43 crateri verso cui le pendenze convergono, stimolando in modo naturale l’avvicinarsi e l’incontrarsi delle persone in punti predeterminati. Anche risultano utili le disposizioni delle aste conficcate al suolo: non solo perché sono capaci, raffittendosi, di delineare ambiti fisicamente individuati entro l’unica piazza, ma anche perché costituiscono supporto per conci orizzontali sospesi, su cui i passanti possono sedere e scambiare parole, avvolti dalle atmosfere del proprio passato.
Una delle tre rappresentazioni della “Battaglia di San Romano”, di Paolo Uccello.
Al suolo ogni elemento è lapideo, sia le lastre, sia i compluvi realizzati su disegno per la raccolta dell’acqua meteorica a ridosso dei pali metallici. Questi ultimi, unitamente ad alcuni corpi illuminanti bassi ma sempre a sviluppo verticale, si distinguono anche per colore, oltre al materiale, dal grigio uniforme della pietra arenaria extradura prescelta per i camminamenti e le sedute.
Nei compluvi i progettisti accoppiano due semicirconferenze litiche, di frequente le forano decisamente al centro per alloggiare i pali metallici, poi più discretamente all’intorno per cedere l’acqua al sottosuolo. Il profilo perimetrale curvilineo, come ha ben insegnato l’inviluppo geometrico della Domus Aurea a tutt’altra scala, assorbe le irregolarità singolari dei tracciati e le spezzate secondo cui si organizza tutt’intorno la posa dei conci pavimentali, giungenti ai compluvi stessi. L’aver prescelto i pali, e con essi i compluvi, quali elementi generatori della geometria di posa e delle pendenze del calpestio, strategicamente facilita infatti la strada dell’acqua al raggiungimento dei punti di raccolta secondo le fughe lasciate ampie fra i conci; dunque le fughe larghe non assecondano solamente le dilatazioni termiche dei materiali. L’ideale strato gelivo infranto dalle alabarde della battaglia determina un manto di 2900 elementi lapidei, ciascuno realizzato a disegno. Ogni lastra è unica.
Le panche risultano sospese dal suolo e costituite da un blocco di figura semplice, di spessore generoso. La vasca d’acqua è anche, esternamente, opera lapidea fornita su disegno, con una bordura in sommità definita da un leggero effetto chiaroscurale, ottenuto sottraendo precisamente materia, secondo un taglio orizzontale continuo.
Alle estremità della piazza, sui due lati corti del rettangolo di base, il piano increspato di Oberti e Stocchi incontra due percorsi carrabili sempre pavimentati in pietra. La continuità materica s’accompagna ad una differenza sostanziale di posa: a correre, più tradizionale, caratterizzata da pezzature più tipiche, di forma regolare allungata. L’incontro fra le due soluzioni avviene sul filo della precisa geometria di base, punteggiata anche al suo limite dalle circonferenze di compluvio.
La maquette dell’intervento ed uno scorcio dello spazio pubblico.
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I materiali lapidei sono estratti e forniti da Il Casone di Firenzuola; sono infine lavorati e posati da Trapattoni marmi di Mariano di Dalmine (Bg).
di Alberto Ferraresi
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6 Ottobre 2009, 22:07
damiano.s
Caro Alberto, dopo le ultime fatiche editoriali sei ritornato a deliziarci con i tuoi appunti d’architettura.
Stocchi ci sta abituando bene con queste opere tra arte e architettura.
Un’unica osservazione: forse si legge un po’ troppo nella plasticità di questo e di altri suoi lavori l’uso del software come strumento creativo.
Cosa ne pensi?
a presto
d.